Il grazioso borgo è situato e 794 metri di quota e domina la Valle del Sinni e del Serrapotamo
Vi è mai venuta l’idea di andare a Montegrano, meglio Chiaromonte? Un borgo lucano, in provincia di Potenza, nella valle del Sinni, posto ad un’altezza di ben 794 metri sul livello del mare. Come un’aquila domina le valli del Serapotamo e del Sinni, dalla sua vetta si può godere un panorama mozzafiato: il massiccio del Pollino, uno squarcio di mar Jonio verso est, il Monte Alpi, il Raparo e il Raparello e una decina di paesi verso Montalbano e Pisticci. In cima al paese c’è il castello, e, vicino, la Chiesa Collegiata Insigne di San Tommaso Apostolo fondata dal primo conte Normanno Ugo Monocolo che proveniva dalla Piccardia, da Clermont de l’Oise, tanto che alcuni studiosi sostengono che il nome Chiaromonte sia derivato proprio da Clermont. Interessante la cinta muraria con ben cinque torri tutte conservate nel giardino del palazzo del barone Di Giura, altre due nel pianoro della Torre della Spiga. Un borgo di circa 2000 abitanti (Negli anni cinquanta erano 3400, nel 2004 se ne contavano 2108 facenti parte di 847 famiglie, con una dimensione media della famiglia di 2,5 persone) con una piacevole particolarità: ben venti rioni che fanno da cornice: Calvario, Croce, Dietro le mura, Giudea, Grancìa, Mercato, Chiazzolla, Purtiello, Spirito Santo, San Pasquale, San Pietro, San Rocco, San Tommaso, Santa Lucia, Serrone, Tempa, Timpone, Torre della Spiga, Timpone di Livio, Sotto la Croce.
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Sono punti di incontro di antica origine con la tradizione di essere rivali soprattutto nelle funzioni religiose. Le pagine di storia di questo meraviglioso, ma al tempo stesso interessante borgo, raccontano della rivalità del rione appartenente alla Chiesa di San Giovanni con quelli appartenenti alla Chiesa di San Tommaso Apostolo. Ambiente salubre, gente perbene, il territorio resta confinato nel Parco Nazionale del Pollino con una distanza di ben cento trentanove chilometri dal capoluogo e cento cinque chilometri da Matera. Mentre si attraversa la strada statale 653 della Valle del Sinni, per raggiungere la Salerno –Reggio Calabria, alla fine di un lungo percorso alberato ecco spuntare su uno sperone roccioso a forma di anfiteatro, pare un vecchio addormentato, il borgo con sei necropoli che gli studiosi fanno risalire al sec. IX a. C. Sotto La Croce pare aver restituito più di 800 sepolture fra le quali si annoverano circa 16 tombe principesche o emergenti con ricchissimo corredo tombale. Quella di Serrone ha restituito un reperto unico: la famosa lucerna con Kouros e in quella di Spirito Santo è stato scoperto un altro reperto oltremodo interessante: uno scudo rotondo. Tutti i reperti archeologici rinvenuto nelle necropoli di Chiaromonte sono ospitati nel Museo della Siritide di Policoro e in altri musei. La storia di questo piccolo borgo è legata anche a quella dei monasteri: da leggere quella della storia dell’abbazia cistercense di Santa Maria di Sagittario. Nel 1061 fu rinvenuta, si dice, da un cacciatore una statua nell’incavo di un tronco di castagno ora depositata nella chiesa madre di S. Giovanni Battista. In questa stessa Chiesa è ospitato l’urna del Beato Giovanni da Caramola con il suo corpo.
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Quando si arriva in questo borgo, d’obbligo è la passeggiata nel centro storico caratteristico con le sue viuzze strette e tortuose e alcune vecchie porte. Subito vanno visitate le due chiese, il castello, la Grancia di Sagittario, divenuta nel periodo napoleonico sede del Giudicato di Chiaromonte, i vecchi palazzi signorili e il monumento ai caduti. Il tocco finale è la gastronomia, vera perla della cucina tradizionale lucana: I raŝcatiell’ d’ miŝchigli piatto tipico chiaromontese. Farina di grano duro e farina di legumi nella proporzione del cinquanta per cento conditi con salsa di pomodori e basilico. Gli agriturismi offrono questa pietanza e molte altre ancora della cucina tradizionale chiaromontese. Il vino fa da principe ad una composizione gastronomica di grande qualità. Infatti le grotte scavate nella roccia, dislocate lungo tutta la cinta del paese e ben distribuite a varie esposizioni di luce ed umidità, consentono la buona conservazione del vino preparato artigianalmente concedendo al palato un sapore ineguagliabile. Un patrimonio religioso, storico, una gastronomia come nettare prezioso di questo bellissimo territorio raccontato, ancora meglio, dall’instancabile storico del luogo, Giovanni Percoco, oggi ottantatreenne custode. Divulgatore di tradizioni, culture e arte locali, da sempre Giovanni Percoco, ha annotato, in un quaderno, poi diventato un vocabolario, le parole del dialetto chiaramontese, i modi di dire. Amico del grande scultore Marino di Teana, conosciuto nel 1968 e diventato poi il suo biografo. Nel viaggio c’è un certo sapore di libertà, di semplicità, un certo fascino dell’orizzonte senza limiti. Quando si arriva a Chiaromonte proprio questa è la sensazione.