Una questione ormai che va avanti da molti anni nella cittadina sinnica
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata, con l’ordinanza numero 16 del 2020, ha respinto la domanda cautelare da parte dell’Opera Nazionale per il Mezzogiorno D’Italia, ai danni del Comune di Senise, che aveva ordinato lo sgombero nell’aprile scorso a firma del Commissario straordinario Alberico Gentile, per l’immobile ubicato nel centro storico dell’abitato di Senise al Largo Donnaperna e su Via Lorenzo Monti, classificato U.M.I. n. 41 nell’ambito del P.I.R. Adottato con D.C.C. n. 70 del 23/11/2002. La motivazione per la quale è stata respinta la domanda cautelare ha le seguente dicitura: “Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Senise e di Ministero dell’Interno e di Comando Provinciale Vigili del Fuoco di Potenza; Vista la domanda di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato, presentata in via incidentale dalla parte ricorrente;
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Ritenuta la propria giurisdizione e competenza;
Ritenuto, ad un primo sommario esame, riservate al merito le eccezioni di rito (in specie quella di tardività del gravame), che il ricorso non appare assistito da convincenti profili di fumus boni iuris, in quanto la determinazione impugnata appare sorretta, sotto il versante istruttorio, da molteplici evidenze (cfr. Programma integrato di recupero degli immobili danneggiati dal sisma del Comune di Senise;
verbale dell’Ufficio Difesa del suolo della Regione Basilicata del 20/10/2017;
scheda dei rilievi del Comando provinciale dei Vigili del Fuoco svolti in data 1/4/2020; nota del medesimo Comando in data 21/4/2020), convergenti nel dimostrare che lo stabile in questione, già gravato da pregresse ordinanze di sgombero, non è stato interessato dai necessari lavori di riparazione e adeguamento sismico e, nel suo complesso, costituisce – anche in ottica precauzionale – un pericolo per l’incolumità pubblica;
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Ritenuto, inoltre, che l’interesse sotteso al ricorso, oltreché sprovvisto dei caratteri dell’irreparabilità e della gravità, è comunque recessivo rispetto a quello pubblicistico alla cui tutela è preordinata l’ordinanza impugnata;
Ritenuto, per tali ragioni, che la domanda cautelare deve essere respinta;
Ritenuto che le spese della presente fase debbano seguire, come di regola, la soccombenza, da liquidarsi nel dispositivo;
Pertanto il Tar ha respinto la domanda cautelare, condannando la parte ricorrente al pagamento delle spese della presente fase cautelare in favore del Comune intimato, che liquida in euro 500,00 (cinquecento/00), oltre accessori di legge”. Una questione che ormai va avanti da molti anni e che appare molto complessa.