Storia di una città poco conosciuta analizzata percorrendola per i vicoli e vicoletti
Potenza città verticale. Fu un architetto austriaco, Heins Teshar, nel 1996, in occasione di una conferenza di architettura promossa proprio nel capoluogo della Basilicata, a definirla così. Del capoluogo della Basilicata, in verità pochi sono quelli che ne conosco la storia; pochi hanno ben chiaro il ritmo temporale e storico di palazzi, chiese e ville che circondano la città più alta d’Italia, dopo la siciliana Enna posta a oltre novecento metri. Potenza luogo risorgimentale, prima citta a ribellarsi al Borbone, lo storico e critico letterario Giovanni Caserta dice: Potenza va analizzata percorrendola per i vicoli e vicoletti; Matera va guardata dall’alto, nel suo insieme compatto. Pare proprio così, se c’è la voglia buona di sfogliare il libro edito da Villani Editore “Potenza città Verticale”. Una guida turistica? Le centoventotto pagine che compongono il volume con al seguito oltre duecento foto (precisamente duecentosessanta) lasciano intendere al lettore di trovarsi di fronte ad una città che ancora non è stata scoperta nella sua totalità e piena di novità improvvise. Sicuramente camminando per le strade principali di questa città diventata capoluogo nel 1806 con il beneplacito di Giuseppe Bonaparte, sostituendo Matera che lo era stato dal 1663, ci si può intrattenere con diversi momenti storici che hanno attraversato la città: Potenza romanica, medievale, normanna, sveva, angioina e aragonese.
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Una città mutevole culturalmente secondo i momenti storici. Potenza con vescovi martiri della libertà (vescovo Giovanni Andrea Serrao, attivo sostenitore della Repubblica Napoletana del 1799, per ricordarne qualcuno), ma luogo di dottori che fecero i medici, per citarne qualcuno, Orazio Gavioli botanico e chirurgo italiano che fu direttore sanitario dell’ospedale San Carlo fino al 1920. La storia delle sei porte, di cui quattro principali, un tempo permettevano di raggiungere il centro storico, la storia dei ponti, le scale mobili, la scalinata del pensiero, il belvedere Torre Guevara per ritrovarsi a Piazza Mario Pagano. Il teatro stabile costruito nel 1857 e inaugurato nel 1881 con la Traviata di Giuseppe Verdi alla presenza di Umberto I, sono pillole ben raccontate con parole chiare e semplici. Ci sono momenti religiosi importanti, quelli che raccontano delle tante e diverse chiese, San Francesco, San Michele del XII secolo, Santa Lucia, San Rocco, per citarne alcune. C’è dell’inchiostro dedicato al racconto della storia dell’architettura del novecento e del duemila, l’attenzione ai centri sportivi e per completezza la breve storia gastronomia di una città come esempio di autentica vita del Sud. Un libro che racconta di gente amichevole gentile e disponibile che amano parlare anche se la particolarità del dialetto può rappresentare per qualcuno che viene da lontano una sfida.
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Un libro da portare con se perché orienta non solo il visitatore ma il lucano stesso, arrivando a Puténzë in dialetto potentino. La prima cosa da fare un salto al museo archeologico nazionale della Basilicata dedicato a “Dinu Adamestenu”, fondatore dell’archeologia lucana, luogo con una notevole collezione di vasellame greco e romano, gioielli ed oggetti religiosi rinvenuti in catacombe o altre sepolture nelle vicinanze di Metaponto e Matera; intrattenersi vicino al palazzo Stabile, prendersi un caffè a piazza Sedile, luogo presente già in epoca medioevale, oggi si affacciano il palazzo di Città, il palazzo del Consiglio comunale e una facciata della Banca d’Italia. Uno sguardo non si può non mancare di dare alle scale, antiche o moderne, in pietra o mobili, sono la declinazione di passato, presente e futuro di questa città di oltre sessanta mila abitanti. Se vi riesce, infine, una passeggiata in via Pretoria, definita in tempi passati la via del passeggio, della chiacchiera, del pettegolezzo e degli incontri. La Lucania è anche Potenza composta da gente antica, con sentimenti profondi espressi con discrezione e senza effusioni.