Benedetto XVI: l’avvento è riconoscere Cristo presente tra noi, è la stagione della speranza
Una delle cose peggiori che si è portato dietro questo terribile male universale che è la pandemia è lo smarrimento del valore dell’attesa che ha provocato in tutti noi. L’attesa è lo spazio storico della speranza, è il pratico divenire di quella virtù che consente all’uomo di guardare oltre ogni buio, oltre l’angusto limite dell’oggi che, anche quando è bello e brillante, è comunque limitato e non adeguato all’infinito che vive in ogni uomo. L’incertezza dell’imminente domani, la consapevolezza di non poter programmare nulla oltre l’oggi, l’intima coscienza che tutto ciò che si prevede di fare vive sotto l’incombenza della sospensione, dell’incertezza, dell’indeterminatezza delle possibilità che possa realizzarsi, il vivere quotidianamente come avvolti da una nube che offusca tutto ciò che ci circonda, tutto questo trancia le ali al volo della nostra voglia innata di futuro. L’uomo vive di futuro. Immediato, prossimo, lontano, ma pur sempre futuro. I nostri gesti, le nostre decisioni, i nostri stessi pensieri sono proiettati verso il futuro, anche se sono ricchi di passato.
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Perché questo? Perché siamo fatti di futuro e il passato ci serve solo per darci lo slancio verso ciò che saremo o che desideriamo essere. Ecco perché l’annullamento della speranza è contro la natura più intima e più profonda dell’uomo, perché annulla l’attesa e con essa la vita stessa. È così che arriviamo al senso del Natale che, per la chiesa, non è solo memoria della nascita di Gesù ma l’inizio di una promessa che è già realtà e che dà senso al cammino della vita. La grandezza del Natale per noi cristiani sta proprio in questo, nel suo essere memoria, presente e futuro nello stesso tempo.
Avvento deriva dal latino “adventus” e per la tradizione della chiesa indica ciò viene indicato anche con “parusia”, cioè seconda venuta. Ma, come ci spiega bene il Papa Emerito Benedetto XVI in una delle sue catechesi sul Natale, significa anche “presenza”, cioè colui che vive e cammina insieme a noi, l’Emmanuele cioè “il Dio con noi”, presente nel quotidiano, nel passo uguale che caratterizza i nostri giorni. Ecco perché il nostro presente è pieno di futuro, perché è pieno di “avvento”, pieno di speranza.
Un evento così forte e potente come la pandemia può uccidere la speranza, e quindi anche il presente di “Dio con noi” di cui quella speranza è piena. Ma per fortuna c’è il Natale! Per fortuna nel presente “disperato” della sofferenza umana irrompe l’attesa di una presenza che è anche una promessa. Una promessa di gioia e di riscatto, che si manifesta con ciò che solo può rappresentare una speranza: la nascita di una nuova vita, quella del bambinello di Betlemme. È così che il Natale ci restituisce il valore dell’attesa che la pandemia vorrebbe portarci via.
Ecco le parole di Benedetto XVI.
[bt_quote style=”border-left” width=”0″]“Avvento significa far memoria della prima venuta del Signore nella carne, pensando già al suo definitivo ritorno e, al tempo stesso, significa riconoscere che Cristo presente tra noi si fa nostro compagno di viaggio nella vita della Chiesa che ne celebra il mistero. Questa consapevolezza, dovrebbe aiutarci a vedere il mondo con occhi diversi, ad interpretare i singoli eventi della vita e della storia come parole che Iddio ci rivolge, come segni del suo amore che ci assicurano la sua vicinanza in ogni situazione”. [/bt_quote]
Anche in quella in cui si vive una terribile pandemia.