Potremmo definire il nostro tempo, la nostra quotidianità come quello scappato dalla tavola. Nel periodo della mia adolescenza capitava di ascoltare pensieri del tipo: “Non esistono problemi che non possano essere risolti intorno a un tavolo, purché ci sia volontà buona e fiducia reciproca: o anche paura reciproca”. Altre volte si diceva: “La tavola è il luogo dove si impara a prendere la parola. O non lo si impara”. Una tavola rotonda può avere degli spigoli acuminati, quella quadrata è la migliore per imparare ad ascoltare. Quando in alcuni casi, e con fatica, si riesce a parlare l’altro ostacolo da superare è quello della sovrapposizione delle voci e delle proprie ragioni che realizza un conflitto tra i partecipanti generando alla fine un silenzio che fa molto rumore. È il virus della suscettibilità di quelle persone che non vogliono essere legati a giudizio più o meno critico nei propri confronti. Cioè quando a tavola ci sono anche i permalosi, qualcuno li ha definiti ombrosi, il silenzio diventa soltanto un rumore forte che incide molto nella convivialità positiva. Ma la verità è che tutte le grandi cose accadono intorno a un tavolo; se il parlare prevale sul silenzio, la musica della ragione si fa concreta e la soluzione e le buone idee emergono facilmente. Parlare è il grande antidoto per far emergere colori, forme, profili e profumi buoni utili alla crescita di tutti, alla piena maturità del proprio animo e soprattutto ad alzare l’asticella del proprio senso critico. Qualcuno diceva: “Cosa c’è di più bello di una riunione di amici veri intorno a una buona tavola? È il miele della vita. Se così è allora a questo storico appuntamento non possiamo mancare. Se ognuno di noi, a pranzo, a cena, in ogni occasione in cui il valore del nostro tempo diventa essenziale, ritrova il valore della tavola può riuscire a realizzare eventi straordinari, dove finanche una carezza data da un genitore, viene ben memorizzata e ricordata dal proprio cuore. Una tavola ben apparecchiata non è quella con le posate messe al posto giusto e un piatto ripieno al centro ma il luogo dove tutti siedono perché si sentono accolti. La nostra attualità ha fatto in modo che la tavola sia diventata un luogo privilegiato dove alla fine pochi riescono a comunicare quando riescono a parlare. Dobbiamo ricostruire la tavola trasformandola per quello che è in semplicità: luogo di incontro, di conoscenza, di dialogo con sguardi e poche parole. Importante è abbassare i telefonini, così facendo la tavola diventerà il miglior elisir per non invecchiare. Ricordiamoci che i migliori accordi e le migliori rivoluzioni sono avvenute a tavola parlando senza alzare la voce. Meditiamo tutti insieme.