Nella missiva l’assessore spiega anche i motivi per cui Chiaromonte non è stato scelta per la cura dei pazienti Covd-19
“Per la seconda volta, e in modo ultimativo, provo a rispondere ai pensieri di Antonio Amatucci, mio vecchio amico, e lo faccio, distogliendo energie e tempo alle molteplici attività che in questo specifico momento mi assorbono, solo per l’antica amicizia e rispetto che mi lega alla sua persona. Lo faccio però a mio modo e col carattere che, ringraziando Nostro Signore, mi trovo ad avere.”
È quanto scrive in una nota l’assessore regionale Francesco Cupparo ad Antonio Amatucci sulla questione della scelta di Chiaromonte come ospedale dedicato alla cura dei pazienti affetti da Covid-19. Nella missiva aperta, però, l’assessore spiega anche i motivi per cui l’ospedale di Chiaromonte non è stato scelto per la cura dei pazienti Covid-19.
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“Innanzi tutto voglio dire ad Antonio Amatucci, mio vecchio amico, che il suo atteggiamento pecca gravemente di una enorme presunzione ed enorme egocentrismo: ma davvero si aspettava una risposta dall’Assessore Leone, in questo momento in cui, nella qualità di assessore, deve far fronte, per la sua parte, a una tragedia che ha investito il popolo lucano, la nazione e il mondo?
Cosa avrebbe pensato l’opinione pubblica, i sanitari, i malati, i parenti dei malati se anziché agire per dare risposte ai loro problemi, avesse impiegato il suo tempo a discutere o, ancora di più, a concionare di massimi sistemi?
Già, perché Antonio Amatucci, mio vecchio amico, oggi è un libero pensatore. Perché se altro pensa di essere deve solo fare in modo di candidarsi alle prossime elezioni, essere eletto, e non gli sarà difficile, essere nominato assessore e poi decidere sul da farsi.
Oggi il popolo lucano ha pensato di far governare gli uomini che si trovano a ricoprire cariche di governo per la soluzione dei problemi regionali, anche in una tragica vicenda come quella che stiamo vivendo.
E assumendosi tutte le responsabilità che derivano dalla funzione, si è programmato in modo egregio, a mio parere, l’utilizzo delle risorse umane e strutturali per organizzare al meglio la risposta da dare al Covid-19.
Non posso che leggere con piacere che Antonio Amatucci, mio vecchio amico, abbia aggiustato il tiro nella seconda esternazione, e non parla più di “chiedere con realismo un atto di giustizia al Presidente Bardi ed al suo governo” circa la possibilità che “nell’Ospedale di Chiaromonte potrebbero essere recuperati dai 50 ai 70 posti” perché certamente “i 63 posti della terapia intensiva potrebbero essere insufficienti e gli altri posti ipotizzati per gli affetti solo da COVID a Matera, Potenza e Venosa non bastare” ipotizzando pertanto una destinazione dell’Ospedale di Chiaromonte quale presidio di cura per il covid-19; questo si sosteneva nella prima esternazione di Antonio Amatucci.
E, certamente, ho capito bene quanto Antonio Amatucci, mio vecchio amico, ha scritto.
E’ vero anche che mi consiglia una ermeneutica lettura dei suoi pensieri, un bell’esempio di linguaggio aulico, poco confacente con la finalità di rendere i nostri pensieri quanto più intellegibili possibile (peraltro ho dovuto anche darmi del tempo per andare alla ricerca del termine su un vocabolario).
Noi governati eletti un anno fa, per la soluzione di problematiche complesse, con interventi che non possono essere discussi con un chiacchiericcio davanti a un bar, peraltro oggi chiusi, ci serviamo del parere di chi nel settore opera da anni, e voglio riportare, in sintesi, le ragioni che un esperto ha posto a base della mancata scelta del presidio di Chiaromonte per la cura o, quanto meno, come struttura al servizio, ove dovesse registrarsi una più marcata emergenza, del Covid-19, che sostiene:
“I reparti ospedalieri dedicati al trattamento delle malattie infettive devono essere dotati di accorgimenti organizzativi, edilizi ed impiantistici, quali, in via esemplificativa, percorsi orizzontali e verticali separati, nonché impianti di aerazione capaci di garantire aria esterna senza ricircolo con filtrazione HEPA e pressione negativa rispetto agli ambienti contigui, possibilmente con zona filtro.
È conseguentemente evidente che una struttura ospedaliera riconvertita in un Centro COVID-19, evidentemente non progettata e realizzata originariamente per tale funzione, non consente la coesistenza in sicurezza di reparti Covid19 con reparti dedicati a prestazioni differenti, ancor più se indirizzate a pazienti fragili e, pertanto, maggiormente vulnerabili al contagio.”
In tal senso anche l’”Aggiornamento delle linee di indirizzo organizzative dei servizi ospedalieri e territoriali in corso di emergenza COVID-19» predisposto dal Ministero della Salute del recente 25 marzo, che, nel segnalare la necessità di “identificare prioritariamente strutture/stabilimenti dedicati alla gestione esclusiva del paziente affetto da COVID- 19”, precisa che “i pazienti non affetti da COVID-19 ancora ricoverati devono essere allocati in strutture e stabilimenti alternativi al fine di evitare pericolose infezioni nosocomiali”.
Per il presidio ospedaliero di Chiaromonte si deve pensare a renderlo utile per le necessità sanitarie del territorio, bisogna rafforzarne le funzioni ed è quello che l’attuale Governo regionale sta facendo. A testimonianza di questo, registro la condivisione di larga parte del personale ospedaliero che condivide quanto si sta facendo e che di seguito sintetizzo:
“All’Ospedale di Chiaromonte infatti è stato finanziato , da parte delle Aree Interne , un milione di euro di tecnologia così articolato : una TC 32 slide , una MOC , un Riunito Odontoiatrico , un FACO , un Ortopantomiografo mentre dal punto di vista strutturale vengono seguiti da vicino i progetti sulla nuova pavimentazione del piazzale d’ingresso e del 3° e 4° piano .Con riguardo all’offerta dei servizi , si è provveduto ad attivare un servizio di endoscopia digestiva ed è in fase progettuale un servizio di Chirurgia ambulatoriale , un ambulatorio di Riabilitazione del Pavimento Pelvico ed un incremento delle ore di Cardiologia Ambulatoriale “.
In conclusione, il Presidente Bardi, io e l’intera Giunta siamo coscienti del momento che ci troviamo ad affrontare e, ognuno per la sua parte, dà tutto quanto è nelle proprie possibilità per far uscire fuori la nostra gente in modo indenne dalla tragedia che ci ha colpito.
Verranno i momenti nei quali, seduti davanti a un bar, o a tavoli conviviali, si potrà parlare dello scibile umano e, ognuno, in quel momento, potrà fare sfoggio di tutto quanto pensa di sapere. Oggi è il tempo dell’azione. I fatti e i cittadini lucani ce lo impongono.”