“Il disagio, la paura, il dolore devono farci riflettere, con l’impegno di tutti si può fare meglio”
“Il coronavirus suscita, purtroppo, considerazioni su argomenti di estremo interesse e attualità. Viviamo e scriviamo giornalmente pagine di storia, il cui ricordo rimarrà come un segnale indelebile nella nostra esistenza futura. Tante le abitudini, i pensieri, i modus operandi che non saranno più uguali al passato. L’esperienza ancora in atto nella sua drammaticità ci permette di valutare alcuni aspetti e di rapportarli a una realtà in divenire con connotazioni completamente alterate nei suoi canoni essenziali”. Questa è la riflessione del consigliere regionale del gruppo Basilicata positiva, Piergiorgio Quarto, facendo un esempio, in particolare, “il concetto di fragilità, da sempre abbinato a soggetti deboli, colpiti da particolare difficoltà psico-fisiche ha finito col coinvolgerci e sconvolgerci tutti. Infatti, causa coronavirus, tutti abbiamo dimostrato la nostra impotenza e fragilità di fronte ad una situazione di così vasta portata. Nessun ideale, nessun parametro forte della società consumista, ricchezza, potere, conoscenze importanti può porre un argine, una difesa reale concreta all’estendersi del contagio, contro l’attacco di un nemico sconosciuto, privo di sembianze umane. Veramente, per la prima volta, tutti siamo realmente sotto lo stesso cielo, occupandone la stessa dimensione. Grande virtù indiscussa, seppur involontaria, del virus l’introduzione di un criterio di eguaglianza reale, sostanziale, nessuna legge era riuscita a tanto in tanti secoli di storia. Tutti omologati nel nostro agire e non certo per consuetudine, ma per necessità. Uguali, finalmente uguali nel dramma, inconcepibile da pensare o da immaginare solo qualche mese fa”.
{module bannerInArticleGoogle}
“La rivoluzione sanitaria – sottolinea Quarto – ha aperto scenari incontrollati fuori dai confini e dalle logiche politiche di ogni verso di provenienza. il morbo corre, viaggia, pur rinchiusi in confini regionali, per la prima volta ci siamo sentiti partecipi e vicini al concetto di umanità inteso nella sua interezza. Parlare di umanità prima e dopo il coronavirus significa concepire un mondo diverso, per la prima volta vicino non solo alla nostra realtà europea ma anche ad una umanità dispersa e distante mille miglia magari nelle lontane popolazioni dell’Africa. Oggi, noi facciamo parte integrante di questa umanità, afflitta per la prima volta dal periodo post-bellico, dalla voglia e dalla gioia di vivere. L’idea, il valore della sopravvivenza libera e dignitosa che abbiamo da sempre concepito come un valore acquisito che nessuno avrebbe potuto intaccare, ha subito un chiaro segnale di ridimensionamento, di titubanza, di incertezza, un qualcosa da affrontare e guadagnare ogni giorno, adottando tutte le precauzioni necessarie di difesa. Si respirano attimi di difficoltà interpretativa, dove lo sguardo non riesce e non vuole andare al di là dell’orizzonte, la cui portata appare troppo limitata nella sua estensione”.
Un’altra considerazione che il Consigliere fa è quella sulla negazione del rapporto umano “il contatto, l’incontro da sempre segnale di condivisione e di voglia di partecipazione viene volutamente evitato, il rischio domina, condiziona e contraddistingue la fattualità comportamentale, si eliminano tutti gli atti improntati alla socialità per far prevalere la garanzia della sicurezza, di quella che viene considerata la corretta gestione del rischio. Tutti speriamo nella transitorietà temporale del tutto, incardinata nella convinzione che la realtà tornerà a sorriderci come prima. Ma a non tornare come prima saranno tante cose, non so se dire purtroppo, perché la speranza è che molti aspetti mutino in meglio. L’impresa, ad esempio, nella sua fattualità operativa, deve finalmente lanciarsi verso un’idea di benessere economico calata in un progetto di condivisione e di partecipazione sentita e vissuta da parte della comunità. Io, ad esempio, in qualità di imprenditore agricolo ho sempre concepito l’idea di imprenditore come quella di colui capace di realizzare il profitto in un contesto di progettualità programmato e concretizzato in piena e totale simbiosi con il rispetto dell’ambiente e la tutela del territorio. Costanti, queste, uniche, parametri indiscussi che permettono di porsi in relazione ottimale con la collettività e con la sua giusta voglia di benessere sociale e sanitario. Risultanti queste da sviluppare e da farne regola, indipendentemente, dallo status profit o non profit dell’impresa. Nel settore agricolo molte sono le varianti e le iniziative improntate su questa frequenza d’onda, cercando come primo obiettivo quello di intercettare il bisogno umano. Uscire quindi dalla mera teorizzazione della pratica della cura e avvicinarsi ed avvicinarla l’impresa ad una visione etica di prospettiva intesa come bene comune”.
“Il coronavirus deve insegnarci ed aiutarci – sostiene il Consigliere – soprattutto, ad intraprendere un cammino di unità di intenti, di ampio respiro, ragionato, vissuto insieme, che abbia la capacità di emanciparci dall’assillo esclusivo del concetto di utile e di ricavo ad ogni costo. Un nuovo concetto costruttivo per fare e realizzare impresa al passo coi tempi e che sappia dare la giusta dimensione alla realtà che ci circonda. Probabilmente siamo all’anno zero, dobbiamo mettere indietro le lancette del tempo, tornare indietro può senz’altro servire a non commettere gli errori del passato, per utilizzare la storia nel giusto verso ossia come sapiente anticipatrice di eventi e come saggia conoscitrice dei valori umani. Alla luce di quanto detto occorre, senz’altro, rifuggire da messaggi errati del tipo tutto è perduto o non ce la faremo mai, niente di più sbagliato. Il disagio, la paura, il dolore devono servire e farci riflettere, perché con l’impegno condiviso da tutti ci sono le condizioni per fare bene, fare meglio”.
Quarto nuove alcune considerazioni anche in merito alla città di Matera, in cui in questi giorni si respira un’aria di disfatta, di voglia di lasciare perdere tutto, per l’esser passati dalle stelle alle stalle in così poco tempo. “La storia di una città fantastica come la nostra, passata da vergogna d’Italia ad esempio di valore storico e culturale unico a livello nazionale e internazionale, ci deve dare la giusta forza, la voglia operativa, la capacità di iniziativa per ripartire subito. Con la stessa fermezza, con la stessa unità di intenti che ha permesso a noi materani di superare tanti ostacoli, di vincere tante vicissitudini. Diventa fondamentale creare una simbiosi piena, una fase di sinergia tra tutte le istituzioni politiche territoriali a carattere comunale e regionale, mettendo da parte le inutili divergenze e chiamando tutto il popolo lucano a rendersi partecipe di un piano avvertito, sentito e condiviso di sviluppo regionale, dove il turismo, in particolare, quello che ruota attorno a Matera costituisca l’asse portante per rilanciare l’economia dell’intero territorio. Probabilmente con la definitiva sconfitta del virus, abbinata ad una mentalità propositiva in tutti i settori vitali e produttivi del paese potremo paradossalmente dire che non tutti i mali vengono per nuocere”.