Successo di presenze e di gradimento per la due giorni all’Osservatorio Avifaunistico Monte Cotugno
Natura, tradizione, enogastronomia, arte e cultura locale. La due giorni svoltasi a Senise il 29 e 30 ottobre scorso è tutto questo, ma anche molto di più. La sfida di portare turisti, anche da fuori regione, nell’oasi naturalistica dell’Osservatorio Avifaunistico Lago Montecotugno è riuscita, e non solo per la numerosa presenza di visitatori venuti da fuori regione, ma anche per la loro soddisfazione e per l’apprezzamento che hanno riconosciuto all’evento e agli organizzatori. Protagonista delle giornate è sicuramente il famoso Peperone di Senise Igp, da sempre re della tavola, alimento principale, e il più versatile dei prodotti della generosa terra del Sinni, preparato in mille modi per sfamare le numerose famiglie che formavano il tessuto sociale di questi luoghi, prevalentemente votati all’orticoltura.
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Non a caso il nome dato all’evento, finanziato dalla Regione Basilicata con fondi del Psr e dal Gal “La cittadella del sapere”, con il patrocinio del comune di Senise, è U pajis ru zafaràn, cioè il paese del peperone, come recita una ormai famosa canzone popolare del gruppo folk locale “A Cantinera” che ha animato le ore spensierate che i turisti hanno trascorso in questo incantevole scorcio di natura sulle sponde del lago artificiale di Monte Cotugno.
Accanto al peperone è stata proposta ai visitatori la storia degli Orti sommersi, della vasta area di terreni che costituivano la ricchezza di Senise prima che arrivasse la grande massa d’acqua dell’invaso di Monte Cotugno. Terreni dal grande valore economico, culturale e soprattutto affettivo per i contadini di Senise.
Le due giornate di Montecotugno sono state arricchite anche dall’arte, grazie alla mostra delle tele di Raffaele Melfi che ha esposto i suoi lavori sul tema dell’acqua. Un tuffo nel passato lo hanno regalato le signore senisesi che hanno tenuto laboratori di preparazione e di cucina del peperone, oltre all’immancabile infilaggio delle famose serte, le collane di peperoni infilate a un fil di spago pronte per essere appese al sole ed essiccate, per ottenere gli altrettanto famosi peperoni secchi. Questi ultimi sono da sempre usati per ottenere la polvere per il condimento dei salumi e delle pietanze, e per preparare i peperoni cruschi, fritti con maestria e sapienza nell’olio d’oliva.
A questo proposito si esprime con chiarezza Vincenzo Calabrese, coltivatore da generazioni e animatore dell’Osservatorio Avifaunistico, che spiega come “i cruschi sono stati da sempre un prodotto marginale del peperone, a cui venivano destinati solitamente gli esuberi della produzione. Il peperone -ci tiene a sottolineare Calabrese- è prodotto da tavola, va gustato nelle sue varianti gastronomiche, perché è soprattutto un prodotto identitario, tipico nel vero senso del termine, che deve attirare turismo gastronomico e rurale. Trasformarlo in cracker non è la sua vocazione principale”. Le varie ricette preparate dalle signore senisesi, invece, hanno prodotto un’esplosione di gusto e di colori, delizie per i palati dei turisti, che hanno gustato all’aperto le prelibatezze delle varie ricette al peperone.
A tutto questo si è aggiunta l’esperienza immersiva nella natura, che in questo periodo offre colori e luci irripetibili, e il contatto con gli animali che da queste parti pascolano liberamente. I loro movimenti lenti, seguiti dagli occhi incuriositi dei bambini, hanno accompagnato i ritmi della musica popolare, melodie e cadenze di altri tempi, ai quali è impossibile resistere.
Il resto lo hanno fatto l’allegria dello stare insieme e l’armonia della compagnia, che solo il contatto con la natura e con la cucina sana e saporita sanno dare.