Una storica tradizione che si celebra nelle cantine dove da tempo riposa il proprio vinello
Otto dicembre festa dell’Immacolata Concezione. Dogma cattolico, proclamato da papa Pio IX appunto l’8 dicembre 1854 con la bolla Ineffabilis Deus, che sancì come la Vergine Maria sia stata preservata dal peccato originale. Un privilegio che la chiesa attribuisce a Maria madre di Gesù: essere stata preservata immune dalla macchia del peccato originale dall’istante del concepimento. Un giorno importante, di grande preghiera per molti fedeli ma soprattutto attimi di riflessione e di attenzione per chi non sembra legato ai canoni della tradizione religiosa cristiana. Insomma un momento per tutti e di tutti per conoscere, capire e valutare il nostro tempo. In Lucania, nella maggior parte dei borghi l’appuntamento dell’8 dicembre possiede anche altri sapori, diverse interpretazioni che si legano alla tradizione, alcune volte all’identità dei luoghi, ai sapori del territorio. In molti di questi territori in particolar modo nei luoghi di montagna la festa dell’Immacolata Concezione ha un nome diverso: “a Madonn ipirtusavutta”. Tradotto con molta semplicità è il momento di aprire le botti e assaggiare il primo vino della stagione: spillare le botti. Perché la Madonna Concezione viene abbinata al vino? I cultori delle pagine bibliche riportano la questione al Vangelo secondo Giovanni e rileggendo le nozze di Cana sembra che l’ispiratrice, e quindi fautrice del miracolo dell’acqua che diventa vino, fu Maria, madre di Gesù e mediatrice di tutte le grazie, diventata simbolo immacolato che il giorno dell’8 dicembre viene festeggiato.
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La festa dell’Immacolata Concezione è per molti lucani una storica tradizione che ogni anno si celebra nelle case dei lucani. Oseremo dire nei luoghi appropriati, cioè nelle rispettive cantine dove da tempo riposa il proprio vinello. Religiosità, cultura e storia a cui si lega una forte e decisa identità dei vari abitanti lucani. È il momento di degustare il proprio vino con amici, parenti, famigliari, coloro che hanno contribuito alla vendemmia e alla lavorazione del proprio prodotto. Il sorseggiare il primo vino viene fatto accompagnare con la degustazione di prodotti tipici del luogo: un pezzo di pecorino locale, la fetta della salsiccia grassa, fette di prosciutto fatto in casa, friselle, pomodorini “vernili”, quelli legati con lo spago a piccole serte, cipolle a sponsale, olive nere e noci, baccalà infarinato e crespelle. Tutto rigorosamente da mangiare in cantina tra una spillatura di nuovo e un bicchiere di vino vecchio.
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Si cantano canzoni con forti accenti dialettali, un vernacolo racconto di storie del passato, momenti tristi e felici passati con persone del luogo che non ci sono più. Nei luoghi della Valle del Sinni dopo il richiamo religioso della mattinata dove tutti si recano nelle rispettive chiese per la dovuta preghiera, il pomeriggio è dedicato allo storico richiamo del buon vino. Da Senise, a Francavilla in Sinni, Chiaromonte, Fardella, Teana e molti altri luoghi vicini si gusta questo primo vino che appare per il lucano una vera forma di arte del buon vivere. Ci sono associazioni ma anche diverse Pro Loco che ne organizzano appuntamenti specifici con la collaborazione delle rispettive amministrazioni. A Rotondella, in provincia di Matera l’8 dicembre è quella della festa “Ra Stippl’a vutt” giunta probabilmente al suo diciannovesimo appuntamento. Una tradizione importante che diventa un parametro per misurare la civiltà e definire lo statuto della cultura lucana.