Fondatore dei Salesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice, fu canonizzato alla chiusura dell’anno della Redenzione nel 1934. Il 31 gennaio 1988 Giovanni Paolo II lo dichiarò “padre e maestro della gioventù”. A 135 anni dalla sua morte, 31 gennaio 1888, il ricordo del piemontese Giovanni Melchiorre Bosco, meglio noto come don Bosco, riporta la mente a quella bellissima frase diventata per molti cristiani, e non solo, un vero manifesto di vita: “Chi prega si occupa della cosa più importante di tutte”. Si spense all’età di 72 anni, dopo aver esaurito le sue energie e la sua salute in un apostolato senza tregua. Lasciò un’opera, già imponente mentre era in vita: circa 700 religiosi, 64 case in 6 paesi, che in oltre un secolo è cresciuta fino a diventare una delle più grandi realtà di vita consacrata nella Chiesa. “Ho promesso a Dio che fin l’ultimo mio respiro sarebbe stato per i miei poveri giovani”; aveva detto un giorno e così fu effettivamente. I giovani innanzitutto: colse tutte le possibilità che i mezzi di comunicazione del suo tempo, anche i più nuovi, gli davano sia per annunciare il Vangelo e sia per contribuire alla promozione culturale delle nuove generazioni, del popolo e della crescita sociale. Si piazzò nei nuclei vitali della nuova cultura che si andava formando, non stette a gemere sui mali del suo tempo, né prese un atteggiamento di chiusura e di paura. Cercò di volgere al bene ogni mezzo che gli veniva offerto. Il mondo delle comunicazioni sociali fu la sua grande intuizione: la stampa e le pubblicazioni, per il Santo di Castelnuovo d’Asti, diventarono settori di primaria importanza per influire positivamente sulla gioventù e gli ambienti popolari. In particolare la stampa che a suo tempo costituiva il mezzo di comunicazione più efficace e tecnologicamente avanzato. Per questo si fece scrittore, redattore, editore, imprenditore. Arrivo, persino, ad acquistare non solo macchine per la sua tipografia, ma anche cartiere. La tipografia creata a Torino nel 1875 contava ben dieci macchine con fonderia di caratteri e la libreria che venne aperte qualche anno dopo divenne il luogo più vivace di tutti i movimenti librari presente nella città piemontese. Alla sua morte vennero annotate la presenza di ben 9 librerie in Italia e 9 all’estero. Tanti i libri scritti per la gioventù che ancora oggi vengono ricordati ma soprattutto letti: la Storia Sacra, la Storia Ecclesiastica, la Vita di Luigi Comollo, giovane seminarista suo compagno di studi morto in concetto di santità, la Corona dei sette dolori, il Divoto dell’Angelo Custode e Il Giovane provveduto, tradotto, ancora lui vivente, in francese, spagnolo e portoghese. Se la diffusione di buoni libri e la stampa sono stati mezzi per raggiungere le grandi masse popolari, il teatro e la musica ha consentito alla sua persona un più immediato e favorevole dialogo con i giovani. La storia ricorda l’avvio, verso la fine del 1849, di un’attività teatrale programmata diventando lui stesso autore di testi teatrali. Un mondo, quelle delle comunicazioni sociali, diventato lo strumento per rendere concreto ed efficace il suo metodo per i suoi giovani definito “sistema preventivo”: al giovane viene offerto un ambiente nel quale è incoraggiato a dare il meglio di sé, nel riconoscimento dei propri talenti e dei propri limiti, nel rispetto degli altri e scoprendo la propria vocazione. Leggere dei buoni libri, scrivere con un buon linguaggio è la chiave per comunicare e farsi intendere tra le nuove generazioni condividendo con loro il tempo e la loro quotidianità. Un santo rivoluzionario. Il parroco rivoluzionario dei media tra comunicazione e comunione nell’oratorio. La nostra attualità avrebbe bisogno ora più che mai di un colosso come san Giovanni Bosco, attuale per questi nostri miseri giorni e per l’educazione di ogni tempo. Per ricordare questo grande santo della gioventù il migliore pensiero tra i suoi è quello che dice: “Amate ciò che amano i giovani, affinché essi amino ciò che amate voi”. Oggi saremo capaci di intenderlo bene?