«In Iran non avrei potuto essere vestita così e truccata, né parlare di diritti umani sul palco: sarei stata arrestata o forse addirittura uccisa. È per questo che, come molti altri ragazze e ragazzi, ho deciso che la paura non ci fa più paura e di dare voce a una generazione crescita sotto un regime di terrore e repressione, in un paese bellissimo, uno scrigno di patrimoni dell’umanità”.
Nella seconda puntata di Sanremo l’attivista italo-iraniana Pegah Moshir Pourè, che vive in Basilicata, da quando, all’età di 9 anni, è stata costretta a lasciare Teheran assieme alla sua famiglia a causa delle violente repressioni del regime islamico. Sul palco dell’Ariston ha letto un monologo sulle proteste nate in Iran, dall’uccisione della ventiduenne Mahsa Amini lo scorso settembre, per mano della polizia del regime, con parole d’impatto ha provato a raccontare la realtà della sua terra.
Sul palco insieme alla giovanissima e bellissima Pegah, l’attrice e fashion icon Drusilla Foer, nella scorsa edizione co-conduttrice di Amadeus nella terza serata. Pegah e Drusilla hanno scelto di leggere insieme il testo del branoBaraye, compostoda ShervinHajipour, popolaredurante le proteste ed inno della rivoluzione civile in atto in Iran, musicando i tweet dei ragazzi sulle libertà negate, che ha appena vinto il Grammy.
Dal 16 settembre 2022, giorno in cui Mahsa Amini è stata uccisa dalla polizia morale, una fondamentale e significativa parte del popolo iraniano sta sacrificando con il sangue il diritto a difendere il proprio ‘paradiso’ i propri diritti.
Ma chi era Mahsa Amini e cosa le è accaduto? Conosciuta anche come Zina o JînaEmînî, questa giovane ragazza, di soli 22 anni, è stata arrestata a Teheran Il 13 settembre 2022 dalla polizia religiosa, dove si trovava con la sua famiglia per fare acquisti, in quanto indossava il velo in modo sbagliato rispetto alla legge sull’obbligo del velo in vigore dal 1981, poi modificata nel 1983 per tutte le donne nel Paese, sia straniere, sia residenti. Condotta presso una stazione di polizia, in quanto il velo era secondo le guardie poco aderente al capo la giovane è in seguito deceduta in circostanze sospette, precisamente il 16 settembre, dopo tre giorni di coma. La ragazza è stata rinvenuta con numerose ferite ricondotte ad un pestaggio e la cosa ha suscitato una forte indignazione dell’opinione pubblica. Le dichiarazioni della polizia riferivano che la giovane era deceduta a seguito di un infarto, ma testimoni oculari affermarono, all’epoca, che era stata picchiata e che in seguito alle percosse aveva battuto la testa e subito una emorragia celebrale.
Il giorno del decesso, la clinica, dove era stata ricoverata Amini, diffuse un post sulla sua pagina Instagram, poi cancellato,in cui affermava che la giovane era già cerebralmente morta quando è stata ricoverata. Il fratello Kiaresh, durante il ricovero, aveva notato dei lividi sulla testa e le gambe della sorella. Un certo numero di medici ha ritenuto che Mahsa avesse subito una lesione cerebrale, tra cui sanguinamento dalle orecchie e lividi sotto gli occhi, con fratture ossee, emorragia ed edema cerebrale.
La morte di Mahsa Amini, oggi è diventata un simbolo di violenza contro le donne sotto la Repubblica islamica dell’Iran. Amnesty International ha chiesto un’indagine sulla sua morte. Il 22 settembre il gruppo informatico Anonymous ha interrotto diversi siti web controllati dal governo iraniano e affiliati allo Stato come simbolo di sostegno delle proteste, alle quali si sono uniti anche diversi personaggi influenti tra cui il ministro degli Esteri francese e il segretario di Stato degli Stati Uniti Antony Blinken hanno condannato la vicenda. L’ayatollah iraniano Bayat-Zanjani ha dichiarato che la Guidance Patrol “non è solo un organismo illegale e anti-islamico, ma anche illogico. Nessuna parte delle leggi del nostro Paese assegna alcuna missione o responsabilità a questa forza di vigilanza. Quest’organo di polizia commette solamente atti di repressione e immorali”, ma la cosa sembra non aver placato la rabbia per l’episodio, che come l’ultima goccia che fa traboccare il vaso, oggi è emblema della violenza perpetrata nei confronti delle donne in Iran.
“Per ballare per strada si rischiano 10 anni di prigione, è proibito baciarsi, tenersi mano nella mano, esprimere la propria femminilità, più di 20 milioni di persone vivono sotto la soglia di povertà, ci sono bambini che perdono il sole e chiedono l’elemosina, cani innocenti uccisi per strada, in carcere ci sono 18 mila intellettuali e prigionieri politici, e poi rifugiati afghani, perseguitati”. Il commovente brano-preghiera sul palco dell’Ariston, si chiude con le parole chiave della rivoluzione, “donna, vita libertà”. “Libertà”, hanno scandito insieme Pegah e Drusilla tra gli applausi, nel corso dei quali l’attivista italo-iraniana, in un gesto liberatorio, si scioglie i capelli tenuti legati fino a quel momento. «Vi ringrazio a nome di tutti i ragazzi iraniani perché ricordate che la musica è un diritto umano».