Dopo “Le vittoriose storie di donne tenaci”, “Le Madri della Costituzione”, “Andare per Matera e la Basilicata”, la scrittrice materana Eliana Di Caro si presenta ai lettori con una suo nuovo scritto: “Magistrate Finalmente” edito il Mulino. Il divieto per le donne italiane di diventare magistrate durò fino a sessant’anni fa, quando, grazie alla legge numero 66 del 9 febbraio 1963, le prime donne poterono partecipare al concorso. Il primo concorso fu indetto il 3 maggio del 1963 per entrambi i sessi e per coprire 200 posti. Le domande presentate furono ben 2729, di cui 200 avanzate da donne con 2667ammissioni Alla prima prova scritta si presentarono in 668, 372 superarono tutte e tre le prove. Le candidate ammesse furono 196, alla prima prova scritta parteciparono in 31, e in 18 consegnarono tutti e tre gli elaborati. Agli orali il numero fu di 213 persone comprese otto donne. Idonei alla fine 186 tra questi otto donne: Graziano Calcagno, Emila Capelli, Raffaella d’Antonio, Giulia De Marco, Letizia De Martino , Annunziata Izzo, Ada Lepore, Maria Gabriella Luccioli .L’ingresso delle donne nel corpo giudiziario italiano apparve come un’importante momento di emancipazione in un Paese in pieno sviluppo economico e sociale e un definitivo superamento della legge del 1919 che escludeva le donne dagli impieghi implicanti poteri pubblici giurisdizionali.
Un libro diverso dal solito, un racconto inedito con un tema importante. La figura della donna scintilla vera che ha dato il via alla crescita culturale dell’Italia?
Le donne non poterono accedere alla magistratura (neanche alle cancellerie dei Tribunali, alla carriera prefettizia o a quella diplomatica) sino al 1963, quando fu approvata una legge che sbloccò la situazione segnando un passaggio storico e culturale importante: la nostra società diventò più equa e moderna
Quattro donne del Nord, quattro del Sud. Tra ignoranza e pregiudizi da Nord a Sud il lungo percorso di crescita delle donne senza confini. Un percorso che pare ancora non concluso, cosa manca per dire che l’operazione sia conclusa?
Manca ancora tanto. Nell’ambito del lavoro, in quello della rappresentanza politica, nei posti apicali dei vari ambiti professionali. Siamo nel corso di un processo, l’appuntamento è tra 20 anni per capire se le nuove generazioni lo avranno portato avanti.
Nel 1955 qualcosa si muove. Il 17 novembre il Ministro della Giustizia Aldo Moro, presenta alla Camera dei Deputati un disegno di Legge che include le donne nelle Giurie Popolari della Corte d’Appello e nei Tribunali dei minorenni. La proposta diventa legge il 27 dicembre del 1956. Uno scatto importante e decisivo arrivato dal Sud da parte da un uomo del Sud con un politico di valore come il magliese Moro. Cosa ha pensato nello scrivere questa circostanza da donna del Sud e Lucana.
In questo contesto non ho fatto caso alla dimensione geografica… forse perché nell’Assemblea Costituente le donne che si batterono di più per l’accesso alla magistratura furono un’aquilana, Maria Agamben Federici, una lombarda, Maria Maddalena Rossi, e una toscana (di origini liguri), Teresa Mattei. Persero la loro battaglia ma evidentemente indicarono la strada.
Tutte donne di valore le otto magistrate, impegnate nelle rispettive famiglie. Di queste pensa che Letizia De Martino, prima classificata abbia qualcosa in più delle altre? Cosa in particolare? Si rivede in qualcuna di queste?
Letizia De Martino arrivò prima tra loro otto e seconda a livello nazionale, su 186 idonei: una preparazione e un’intelligenza notevoli. Poi scelse di lavorare sempre nel penale, a Napoli (negli anni feroci della camorra), un ambito che si riteneva meno adatto alle donne… questo la dice lunga sulla sua personalità. Tutte loro, del resto, hanno lasciato un’impronta, ciascuna nel proprio ambito, perché si misurarono con un ambiente difficile, in cui le resistenze culturali erano ancora forti, ma seppero conquistare l’apprezzamento e il rispetto dei colleghi e degli avvocati
Un libro da leggere con attenzione; non solo per assimilare fatti, ma per riflettere e pensare di come le donne in un sbagliato conflitto abbiano saputo e capito come orientarsi in un mondo culturale silenziosamente troppo a misura di uomo. E’ la fotografia di un Italia che, con fatica, voleva cambiare volto, crescere, migliorarsi ma aveva bisogno di un passo vero, rapido e concreto. In tutto questo, bisogna ammetterlo, le donne hanno indicato la giusta direzione di un percorso oggi diventato tortuoso e ancora faticoso dove l’uomo potrebbe ora dare una mano concreta per arrivare al giusto traguardo.