Dichiarata la fine della pandemia, Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore e porta voce dell’organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) asserisce: “Questo è un momento da celebrare ma è anche un momento per riflettere. Deve restare l’idea della potenziale minaccia di altre pandemie. Ora abbiamo strumenti e tecnologie per prepararci a pandemie meglio e riconoscerle prima, ma globalmente una mancanza di coordinamento potrebbe inficiare tali strumenti”. Rispetto a quanto affermato da Ghebreyesus lo scorso 5 maggio nel confermare per l’OMS la fine della fase emergenziale della pandemia da Covid-19, gli esperti non si meravigliano, ma non concordano pienamente, sottolineando che la malattia non è stata eliminata e il virus non è stato eradicato, questi gli unici eventi, che a loro avviso meriterebbero di mettere davvero la parola fine ad una pandemia e all’agente infettivo che l’ha provocata. Il Covid ha complessivamente infettato almeno 765 milioni di persone, vero che dall’inizio di quest’anno il numero dei contagi e delle vittime si è andato progressivamente riducendo a livello globale ma nell’ultima settimana di aprile, l’Oms ha accertato 630 mila casi e 3.500 morti nel mondo, mentre nello scorso gennaio i positivi erano oltre un milione 300 mila e i morti 14 mila, in prevalenza per effetto della nuova ondata di casi in Cina.
Le nuove varianti ci sono e continuano ad essere attenzionate, ma non sono caratterizzateda un’aggressività particolare ed ecco cosa muove le dichiarazioni rese alla stampa, la scelta, da alcuni considerate politica, di dichiarare finita la pandemia. Gli esperiti ci invitano anon dimenticare quello che è successo, dopotutto sarebbe sbagliato pensare di tornare indietro a prima del Covid, come se nulla fosse accaduto,sorvolando all’improvviso su tutto quanto appreso e sulla prudenza che da oggi in poi anche a livello sanitario, maggiormente dovrebbe appartenerci,soprattutto in meritoalla sorveglianza delle varianti, là dove continuino ad esserci dei pazienti positivi. “Bisognerà continuare a tenere aggiornate tecnologicamente le strutture che fanno questo lavoro di identificazione dei virus. Insomma, bisognerà dimostrare di aver imparato”.
Il presidente della Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici, Filippo Anelli, spiega così la decisione dell’Organizzazione mondiale della Sanità:”I numeri delle infezioni da Covid in tutto il mondo stanno scendendo e quindi si riduce sostanzialmente questa malattia da essere pandemica a una malattia endemica, cioè presente sempre sul territorio. L’Oms ha deciso di ‘declassare’ sotto questo aspetto, sotto l’aspetto numerico, questa malattia, ma questa continua ad essere una delle patologie temibili perché ancora oggi provoca morti nel nostro paese”. In un video fatto per Fnomceo Tg Sanità, dopotutto lo stesso Direttore Generale dell’Oms Tedros Ghebreyesus ha invitato alla prudenza, sottolineando che il virus è qui per restare e tutti i paesi dovranno imparare a gestirlo insieme ad altre malattie infettive. “Il messaggio non è quello di pensare che la malattia è scomparsa, ma di pensare che il ritorno alla vita normale qualche volta potrebbe far incontrare anche questa malattia – precisa Anelli – e questa malattia naturalmente produce i suoi effetti soprattutto per i fragili, che devono ricordarsi di tutelarsi sempre e comunque: e qui l’uso delle mascherine diventa in qualche maniera ancora oggi importante”. Soddisfatto della decisione assunta dal ministro Schillaci, Anelli commenta: “Bene aver demandato ai sanitari, in maniera particolare alle direzioni sanitarie e poi ai singoli professionisti, la decisione sull’uso delle mascherine. Una decisione che naturalmente non può che essere quella di proteggere i fragili, soprattutto i pazienti immunodepressi, gli anziani. Quindi il medico deve utilizzare questa sua discrezionalità sulla base di evidenze, di linee guida che possono in qualche maniera aiutarlo nella sua decisione di imporre l’obbligo di tenere la mascherina soprattutto lì dove le condizioni favoriscono la diffusione del virus verso le persone più deboli”.
Il pericolo dunque resta in agguato è la comparsa una nuova variante del virus, diversa da Omicron, desta comunque preoccupazione come è stato rilevato dal biologo Trevor Bedford, del Fred Hutchinson Cancer Center di Seattle, che ha condotto un’analisi statistica consegnata alla Casa Banca, sulle possibilità di una nuova ondata di casi di coronavirus. “Le probabilità che ciò accada, ossia che ci si trovi a fronteggiare un’ondata di infezioni come quelle causate dalla variante Omicron da oggi al 2025 – ha detto lo scienziato al Washington Post – sono circa il 40%”. A suo avviso, come per altri scienziati di alto livello come Eric Topol direttore dello Scripps Research Translational Institute, un evento simile non ha meno probabilità di verificarsi oggi rispetto ai primi due anni della pandemia “anche se oggi la pandemia appare finita, un Covid endemico resta una forte preoccupazione per la salute».