“La memoria avrà sempre un inestimabile valore”. Pensiero condivisibile espresso, nelle ultime pagine, del suo pamphlet “C’è un paese tra le nuvole che si chiama Senise” edizione dell’Ippogrifo, del salernitano Vito Briamonte. Il suo respiro, il suo pensare in continuità ha origini lucane, i suoi occhi guardano sempre verso l’unica direzione possibile, il suo paese di adozione: Senise nella valle del Sinni, luogo natio della propria madre. Al suo semplice scritto gli fa eco il professore Filippo Gazzaneo che nella premessa dice: “Spesso capita nella letteratura, perché quella di Vito Briamonte è letteratura, tra i colori terragni del passato e le lucentezze afone, algide, insapori del presente, che a vincere sono sempre le prime”. Una letteratura quella di Briamonte attraverso la quale, con semplicità, si possono ascoltare le cosiddette “voci di dentro”, ormai lontane dal quotidiano ma che risuonano in continuazione tra i suoi pensieri, ricordi indelebili che si rendono presenti ogni qualvolta si ritrova nei luoghi della sua gioventù e non solo.
U’ chiazzil’ra chies: dove tra tanti amichetti si ritrovava per giocare a pallone. I vicoli dove le galline avevano i giusti spazi e come d’incanto, la sera ritornavano presso i propri padroni tra i recinti e alcune volte all’interno delle case. Un piccolo viaggio tra quei vicoli che un tempo possedevano il giusto vizio di vivere anche con poche cose, dove si incontrava gente semplice, con il loro agire e pensare manifestavano la loro arte, una giusta filosofia di vita e una prontezza di spirito manifestata tante volte anche da idee bizzarre. Luoghi di vita vera dove si incontrava Mast’Egidio i Chilimbrone, che si vide arrivare i carabinieri a casa per aver scritto all’allora Presidente delle Repubblica, Saragat, e chiamandolo ubriacone; Vicienz’ I’Len che non amava fare la fila alla pompa di benzina a San Biagio oppure Pepp’u’ nglese con la sua simpatica storia della discoteca o Ferdinando Crocco con la storia della macchina del padre. Bella quella di U’Mut’ru Crecione, vendeva la frutta e di notte faceva la guardia alla sua mercanzia, ma era soggetto sempre a furti simpatici. La storia di Scuppett la conoscete? C’è la storia di Umbert’ Sole che dava passaggi a chi voleva andare a Milano.
Storie simpatiche, in alcune dipinte con i colori della morale, che obbligano a fermarsi e riflettere sul questo tempo bizzarro, inutile e pieno di silenzi. Oltre cinquanta pagine dove la lettura appare come un passeggiare tra quelle strade del centro storico che una volta erano accademie di vita, strittul’, racconta Briamonte, piene di gente che parlava tra loro fino a tarda sera. Sono pagine autentiche, vere, con cui Briamonte sembra voler dire a tutti: lascia il tuo paese, ma non lasciare che il tuo paese ti lasci. Il paese, il borgo, non è questione marginale è un valore aggiunto della nostra esistenza, raccontarlo, ricordarlo è l’arte del prossimo tempo futuro. Per farlo bisogna ripartire da un semplice scritto di un libraio come Briamonte che richiama tutti a ritornare ad Itaca.