La Legge è la numero 74 del 21 giugno 2023, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale numero 23 che ha convertito il decreto-legge numero 44 del 22 aprile scorso. Stiamo parlando della nascita dal 1 gennaio 2024 (probabilmente operativa tra febbraio -marzo), della nuova società per azioni “Acque del Sud” che sostituirà l’EIPLI, l’Ente per lo Sviluppo dell’Irrigazione e la Trasformazione Fondiaria in Puglia, Lucania ed Irpinia, in scadenza il 31 dicembre 2023. La nuova legge con il titolo “Disposizioni urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle amministrazioni pubbliche”, pone termine all’efficacia della legge che per dodici anni che ha disciplinato, all’interno dell’EIPLI, la rappresentanza delle tre regioni interessate: Basilicata, Campania e Puglia utilizzando il criterio delle risorse idriche apportate dalle singole aree tenendo conto anche delle infrastrutture di captazione e di adduzione. La normativa approvata in Parlamento ha previsto per la nuova società la costituzione di un capitale sociale con oltre 5 milioni di euro (art 2 bis) che verrà detenuto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, suddiviso per un cinque per cento a soggetti pubblici e per il trenta per cento a soggetti privati indicati come soci operativi.
Nelle impostazioni iniziali la nuova società per azioni che gestirà, all’incirca, oltre un miliardo di metri cubi di acqua, parte delle quali provengono dagli invasi lucani, si prefiggeva di garantire alla Basilicata un peso maggiore nella gestione idrica per la fornitura ai macro utenti. Cioè nei confronti di Acquedotto Pugliese, Acquedotto Lucano, Consorzi di Bonifica, Ilva di Taranto e altri. In sostanza la Basilicata avrebbe dovuto avere un importante peso nelle indicazioni finali della gestione. Alla fine così non è stato. In sede di approvazione parlamentare la normativa accentra la gestione e decisioni finali nelle mani dello Stato, con una possibilità di cedere, da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze, il cosiddetto “rubinetto” al privato che conserva il trenta per cento della quota (destinato a scegliersi l’amministratore delegato) rispetto al minimo sindacale del cinque per cento per i soggetti pubblici che, se ceduto alla Basilicata, appare un valore oltremodo riduttivo. Pare finito campanilismo dell’acqua: l’acqua è di tutti e non è di nessuno. E poi le Regioni, possono entrare ma a decidere sarà il Governo. Lucani espropriati del bene più prezioso? Staremo a vedere.