Bisogna amare la propria terra e investire sulla sua bellezza, sulla cultura e sulle risorse
Qualche giorno fa, una persona perbene sussurra al mio orecchio: “cerchiamo di fare cose di cui parlare invece che parlare di cose da fare”. C’è un’Italia che soffre da anni, c’è un Sud che se ne va. Le statistiche dicono, da qualche tempo, che un quinto dei comuni italiani è in cammino verso il nulla, un sesto della superficie nazionale è colpita dall’abbandono lasciata a marcire giorno dopo giorno. Il quattro per cento della popolazione migrerà e due sono le destinazioni possibili: o il cimitero oppure i grandi centri urbani. È in atto da molti anni l’operazione ghost town, città fantasma: mille piazze sempre più desolate e afflitte, case sempre più vuote, campanili cadenti. Insomma tante, molte comunità colpite al cuore dal disinteresse politico, egoistico e poco previgente, che si avviano verso l’eutanasia dopo una sedazione profonda. È l’Italia del disagio, del Sud dimenticato, della Lucania che non deve esistere, meglio, che si vuole non debba essere o vivere. Una lunga storia dimenticata, probabilmente poco conosciuta, quella della nostra Lucania.{module bannerInArticleGoogle}
Una sanita, in molte comunità, trasformata in luoghi di penosi reparti di geriatria, scuole accorpate e sistemate in luoghi distanti anche a oltre dieci chilometri dalle abitazioni in cui vivono i ragazzi in età scolastica.
Nei comuni, il segretario comunale è già a “scavalco”, nel senso che si presenta al lavoro a giorni alterni, coniugando le funzioni in due o più uffici. In particolare, poi, all’ufficio tecnico un unico geometra o ingegnere presente e introdotto nella pianta organica. Persino le istituzioni religiose nel territorio soffrono: si dice che la fede è grande ma i preti si fanno sempre vecchi e piccoli nel numero. Si legge poco e tante volte male. I rapporti dell’Istat dicono che la morte pare scelta con cura, decisa a tavolino da amministrazioni inefficienti, stabilita dall’ignavia o dalla mediocrità o molte volte dall’incompetenza.
Insomma fra dieci anni, nella nostra terra potremo ancora godere della vita delle nostre belle comunità. Morrà il paese di Carlo Levi, Aliano? Ce la farà Accettura, Episcopia, Fardella, Chiaromonte, Teana, Castelluccio Inferiore e Superiore, Gallicchio, San Paolo Albanese, Carbone, Guardia Perticare, Craco, Cirigliano? Solo per dirne alcuni. I soldi alla fine, pare, non bastano a cambiare le cose. La via nera del petrolio in Lucania è una circostanza da guardare bene. Corleto Perticara, una delle capitali estrattive dell’economia texana in Lucania, subisce una migrazione verso altri luoghi. Ma allora ci si chiede cosa si può fare. Da subito bisogna sapere prendere coscienza del problema con verità, poi amare la propria terra e infine investire nella bellezza, nella cultura e nelle risorse che il buon Dio ha dato ai lucani. Sono tante e diverse. Ma la domanda sorge spontanea: ma quanti di noi le conosce veramente?