Tra il 1918 e il 1919 la pandemia H1N1 fece 375 mila solo in Italia
La curiosità è una triste malattia, proprio come un forte virus. Ho fatto delle simpatiche ricerche per avere delle conferme, poi ho pensato di metterle su carta. Fra l’ottobre del 1918 e il gennaio del 1919 in tutto il mondo si scatenò una terribile pandemia influenzale. Per meglio essere precisi la diffusione si ebbe ad ondate: la prima, nella primavera 1918, fu considerata benigna e causò vittime tra anziani e persone deboli. La seconda, nell’autunno 1918, fu spaventosa, metà delle morti riguardarono uomini e donne tra i 20 e i 40 anni. Nella terza, inizio 1919, i decessi furono inferiori, ma riguardarono sempre persone giovani. Nel volgere di poco più di tre mesi provocò la morte di oltre ventuno milioni di persone; in Italia le vittime furono 375.000. La pandemia prese il nome di “spagnola” ((H1N1) perché partì dalla Spagna.
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In Europa non era stata dimenticata la prima guerra mondiale, allorché, un nuovo “flagello biblico” si abbatté sulle popolazioni tanto provate da anni di privazioni e restrizioni alimentari, provocando un’altra e ancora maggiore ecatombe. La malattia, fu paragonata, per virulenza e mortalità, alla famosa morte nera del medioevo, sviluppatasi in Europa che si diffuse fulmineamente in tutto il mondo. L’epidemia, in un modo o nell’altro, interessò più di un miliardo di uomini, la metà della popolazione del globo, rimanendo impressa nella coscienza umana, e, per coloro che ne furono le vittime. La spagnola è oggi più di un ricordo. Dati chiarificatori della malattia furono scarsi, ed a tutt’oggi nessuno può è riuscito, con sicurezza, a dire dove la malattia incominciò, dove finì e nemmeno quale fu il virus che la determinò. La caratteristica più sconcertante della spagnola fu la sua labilità, il fatto che, una volta passata, non ne rimase traccia. La teoria più accreditata, molto tempo dopo, fu quella dei maiali infetti: il virus influenzale suino, piuttosto benigno, agendo in associazione con il bacillo di Pfeiffer, egualmente poco virulento – processo che i virologi chiamano sinergismo diede luogo, in questa combinazione, ad un virus letale e potentissimo che colpì i polmoni umani senza lasciar loro alcuna possibilità di guarigione. Nelle pagine attuali si annota che la maggior parte degli esperti di influenza convengono almeno che il virus dell’influenza dei suini – Suino “A” – possa essere un discendente diretto del virus mortale 1918.
Il completamento del genoma del virus della spagnola è stato reso possibile grazie agli sforzi di ricercatori americani ed è avvenuto quando la rivoluzione genetica si è impossessata di frammenti di virus, prelevati, verso la fine degli anni ’90, dai resti di persone morte a causa dell’epidemia, ritrovati congelati tra i ghiacci dell’Alaska. Resta tuttavia senza spiegazione il motivo per cui il virus ha mantenuto la propria attitudine ad infettare i maiali, perdendo quella di colpire l’uomo. Nei paesi del nostro Sud si dice che il virus fu combattuto con una sana alimentazione e con il fumo di sigarette fumato e diffuso nell’ambiente oltre che l’uso di infusi di erbe. Sarà vero? Ne usciremo fuori nel migliore dei modi, ma le buone regole adottate nell’acme della epidemia dovranno essere continuate a lungo per il motivo che, presumibilmente, ci vorrà tempo perché il virus scompaia definitivamente. Lo stesso è avvenuto anche per la spagnola.