Un vino come cultura, come testimonianza del passato antico e del presente
È vero, la Basilicata è terra di piccole e poche grandi cantine; negli anni ha attirato addirittura investimenti di gruppi leader del vino italiano. Sfogliando qualche pagina che racconta di questo antico mondo sono rimasto colpito da una frase di antichi viticoltori: “qui le vigne sono grandi perché c’è il tufo che allatta la pianta”. La Lucania, pare essere un po’ culla della viticoltura europea: non a caso la sua più antica popolazione era quella degli Enotri, che abitavano l’Enotria, la terra del vino, e i suoi vini, i lucani e i lagarini, sono ricordati dagli scrittori classici. Di questo antico mondo a farne da padrona è la zona del Vulture, batte qui la storia enologica della Basilicata. Alle pendici del gigante dormiente, la cui ultima eruzione risale a 130.000 anni fa, batte un ritmo nuovo e vivace: la vita agricola legata a quell’antico vitigno portato dai coloni intorno al VIII secolo a. C. Su questi terreni resi tufacei dalle ceneri,c’è il sogno di portare il rosso lucano al di là dei propri confini, contagiando e trainando l’intero scenario produttivo della Regione, insieme alle tre aree viticoli, ciascuno identificato da una Doc, del Materano, della Val d’Agri e delle campagne comprese tra Roccanova, Sant’Arcangelo e Castronuovo di Sant’Andrea. Un vino come cultura, come testimonianza del passato antico, del presente con forti aspirazioni verso il futuro.
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Un viaggio, un pourparler, con la dovuta brevità, per raccontarci di quel senso antico del vino che nasce dal Vulture con l’intento di esaltare il valore dell’uomo e il suo apporto alla coltura della vite, nel senso più ancestrale e artigianale, attraverso una produzione che si affida al rispetto della materia e al minimo intervento nella vinificazione.Dai primi anni dei novecento fino agli anni Settanta, e nel Settantuno, ogni palmo di terra era coltivato a vite. In questa zona, si contavano all’epoca 16.000 ettari vitati, adesso ridotti a 1200. Ma era una coltivazione molto frammentata, uno, due, tre ettari in media per famiglia. La storia racconta di come da Barile e a Rionero partivano convogli carichi di uva, acquistate dai mediatori, destinate ad essere vendute al nord per tagliare i vini. A cavallo tra gli anni ’80 e 90 il registro cambia. Gli incentivi incoraggiano i produttori a puntare sulle caratteristiche dell’Aglianico. Si avvia l’era delle cantine sociali, ancora oggi è attiva la Cantina Sociale di Venosa che raccoglie 400 soci. Si espande in quel momento la viticoltura nell’area che circonda la città di Orazio e che adesso conta la maggiore superficie vitata ed ospita nel Castello Pirro del Balzo, l’Enoteca Regionale Lucana. In questa parte temporale la Cantine del Notaio a Rionero in Vulture, il paese con 1.250 cantine nel sottosuolo, scavate sotto le case e le strade, fa da padrone. Persino il più efferato e celebre brigante, Carmine Cocco, possedeva la sua cantina.Una storia enologica c’è da scrivere anche per il materano dove insiste la Doc Matera, compresa tra Irsina e Nova Siri, tra Accettura e la costa Ionica.
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Territorio che da molti anni si sta identificando nel Primitivo. La doc terre alte della Val d’Agri potrà aggiungere contenuto al racconto del vino. In questa zona, di grande attrattiva paesaggistica, composta di colline, rocche e calanchi, campi coltivati, borghi, si stanno recuperando varietà antiche autoctone. Sono una quarantina le varietà identificate, intercettate presso custodi di vitigni centenari, tra cui due varietà di Aglianico bianco e Dolce Precoce. Da qui passava la via dei traffici degli Enotri, dei Greci e dei Romani. Da Caprarico, frazione del comune di Tursi, in provincia di Matera,verso Chiaromonte a sud si estende la piccola Doc Grottino di Roccanova istituita nel 2009. Una zona collinare dove a regnare è il Sangiovese. Da queste parti uno spazio se lo sta ritagliando anche la Malvasia Bianca di Basilicata. Già nel 1700 si contava un’intensa attività vitivinicola nella zona, il cui simbolo sono le grotte da vino, le cantine, censite a Roccanova e nelle sue periferie e nei comuni di Castronuovo di S. Andrea e S. Arcangelo. Tante facce di una terra da molti definita un diamante grezzo dell’enologia italiana che si lascia assaporare con semplicità soltanto da palati raffinati pronti ad intercettare le diverse componenti del sapore, riconoscerle, e descriverle.