Il nostro viaggio virtuale si sposta in un piccolo abitato su di una collina, di fronte al Vulture
È stato definito il “il borgo dei sapori “arbereshe” Formaggi di gusto ineguagliabile, senza parlare delle tagliatelle che per molti avventori non hanno niente a che vedere con le famose di “Nonna Pina”. Il nostro viaggio virtuale si sposta in un piccolo abitato che sorge su di una collina, a 765 metri sul livello del mare, di fronte al Monte Vulture. Nel 1965 Ginestra si stacca da Ripacandida e diventa comune autonomo con i suoi 13,21 chilometri quadrati di territorio comunale e l’ultimo comune della Basilicata per estensione territoriale. Siamo nel 1478 quando Troiano Caracciolo, feudatario di altri paesi, concede a un gruppo di emigrati greco- albanesi l’autorizzazione a edificare sui terreni adiacenti al feudo. Poi i Longobardi a cui seguirono i Normanni; rimase per un periodo di tempo abbandonato fino a quando nel 1482 fu ripopolato da una colonia albanese rafforzando, nel tempo e mantenendo vive, alcune tradizioni balcaniche, quali sono ancora radicate nella popolazione al punto che è stato istituito uno sportello linguistico.
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Infatti il borgo, composto da oltre 750 abitanti ( nel 1951 ne erano circa 1700), costituisce, insieme a Barile, Maschito, San Costantino Albanese e San Paolo Albanese, la minoranza etnico-linguistica arbëreshë. Le sue tradizioni albanesi si sentono forti nel campo religioso. La protettrice del paese giunge da oriente: trattasi della Madonna di Costantinopoli, a cui è intitolato il santuario che si trova poco distante dal paese. Costruito nel 1588, al suo interno un affresco murale di scuola orientale del XVI secolo, raffigurante la Vergine e due tele del XVIII secolo: in una è rappresentata la Madonna del Latte, tra le figure di San Giovanni, San Nicola e San Borromeo; nell’altra tela è invece riprodotta una Pietà. L’altro principale luogo di culto del paese è situato in pieno centro storico: la chiesa madre di San Nicola Vescovo, risalente al XVI secolo, impreziosita da un coro ligneo del XVIII secolo e da due lampadari stuccati in oro.
Nel corso dei secoli, la chiesa madre è stata più volte ricostruita, ma è negli anni novanta che ha subito un restauro completo. Durante questi ultimi scavi è stato riportato alla luce un battistero per immersione composto da 12 archi, in cui sono raffigurati alcuni personaggi che probabilmente rappresentano i 12 apostoli. Religiosità molto forte, storia di richiamo, luogo Primi, secondi, dolci, insaccati, vini, formaggi: ricette sconosciute ai più, ma di ottima qualità. Dal “Baccalà a ciaruedda”, Capitone allo spiedo per raccontare di un dolce tipico pasquale, il Maisa che più che da raccontare vale la pena assaggiare alla fonte. Per non raccontarvi della Verdhet con peperoni cruschi (piatto molto ricco con carne di agnello, uova, formaggio, pangrattato, latte, cannella e pomodoro), le Ciammaruchedd (lumachine) e le spighe di grandign (pannocchie) o la “cingul me Tulez” (pasta con la mollica tostata), salsiccia e fagioli cucinate nella pignata. Un giro tavola di ingredienti, odori e sapori che si fanno storia come la più autentica espressione d’amore. Alcuni dicono che un viaggio non inizia nel momento in cui partiamo né finisce nel momento in cui raggiungiamo la meta, comincia molto prima e non finisce mai perché i ricordi continuano a scorrere dentro anche dopo che ci siamo fermati. L’effetto è questo, quando si arriva a Ginestra, e quando, poi, si va via.