Atmosfere evocative di odori e di suoni che colpiscono l’immaginario infantile dell’autrice
È in stampa l’ultimo lavoro della professoressa lauriota Celeste Pansardi, da anni a Roma, dove ha insegnato latino e greco in prestigiosi licei romani, curando nel settore della comunicazione, le manifestazioni del teatro greco del maggio Siracusano e del teatro d’avanguardia. Ambientato nella valle del Noce, parte sud-occidentale della Basilicata che si affaccia sul Tirreno, il libro, “Il giardino segreto delle erbe officinali”, racconta di atmosfere dove il ricordo di odori e di suoni che colpiscono l’immaginario infantile, viene filtrato da termini evocativi, la stanza del cucito, del ricamo, dei salumi oppure pozzo, giardino, orto, vigneto, campane.
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Le pagine corrono su un tema diverso dal solito, originale: l’arte della cucina prestata al racconto di un borgo antico tra passato e futuro. Un racconto nato in un tempo sospeso e cristallizzato, finalizzato ad una storia nella storia di una quotidianità remota dove contano gesti e sapienti miscelature di odori e sapori, che riportano alla spiritualità di riti magici e credenze surreali.
Cogliamo la scrittrice lucana in un attimo di riposo per avere delle anticipazioni sul contenuto di un libro atteso dai suoi lettori “Nei giorni di esilio, al riparo dal terribile nemico del coronavirus – sottolinea l’autrice Celeste Pansardi – è nata una cucina del tempo libero al riparo dalla noia o di fiera opposizione ai tragici eventi. Così la scrittura della cucina è diventata arma per raccontare il passato attraverso piatti dimenticati della terra d’origine”. Un libro come laboratorio di idee e sentimenti, di studio e ricerca. “Un impegno letterario– continua Celeste Pansardi – tra passato e presente cercando di mettere in relazione in questo caso storia e cibo, un dialogo interculturale tra società e territorio”.
La cucina prestata al racconto della storia e delle tradizioni dei piccoli borghi tra passato e futuro. “Un viaggio insolito – conclude Celeste Pansardi – per me, ma gli incontri, la voglia di raccontare e condividere l’esperienza della ricerca documentaria comparata su fonti d’archivio, numerosi testi sulla Basilicata, opuscoli pieni di informazioni curiose, il supporto di scritti familiari hanno fatto il resto”. Un lavoro letterario per raccontare una memoria antica: la cultura del cibo che è vita, ma anche accoglienza e condivisione. Un racconto con una mappa territoriale ben precisa che rispecchia le origini dell’autrice; un mix calabro- lucano, scegliendo i sentieri più interessanti del parco del Pollino, per conciliare l’esplorazione gastronomica con la storia antropologica dei luoghi, in particolare i paesi del versante lucano del parco del Pollino. Insomma un libro da non perdere, da leggere in tutti i suoi sette capitoli, perché i ricordi dell’autrice sono pane di tradizione per lucani tutti.