Da decenni si lavora su formazione, inclusione e progetti sulle abilità lontano dal clamore
Il clamore che si sta generando in questi giorni intorno alle problematiche legate all’autismo offre il fianco ad un’idea sbagliata di ciò che in Basilicata si è fatto e si fa su questo delicato tema che, per sua natura, dovrebbe stare lontano dai riflettori per evitare strumentalizzazioni, soprattutto politiche, e false interpretazioni.
In questa regione operano da anni associazioni che, con discrezione e costanza, seguono le famiglie autistiche e dialogano con le istituzioni, per risolvere i tanti e complessi problemi legati all’autismo e per contribuire a creare un modello di intervento e presa in carico che tenga conto dei tanti risvolti che questa complicata sindrome si porta dietro.
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Il primo campo di battaglia è stato, e per molti rimane ancora, la scuola. È chiaro che il posto di qualunque bambino o adolescente autistico non è un centro diurno ma la scuola, e troppo spesso ci si trova di fronte a vere e proprie discriminazioni, come quella delle aule di sostegno in cui questi alunni speciali vengono tenuti per non interferire in quello che in troppi chiamano il normale svolgimento delle lezioni. Se oggi questo triste e terribile metodo non viene usato, o usato pochissimo e comunque fuori dalle regole, è perché ci sono state famiglie e associazioni che hanno lottato e che hanno raggiunto il risultato dell’inclusione. Altro aspetto importante è quello della divulgazione di una cultura dell’apertura e della comprensione dell’autismo, raggiunta in molti ambienti della nostra regione grazie al susseguirsi di convegni, incontri ed altri eventi di sensibilizzazione.
Il punto principale sul quale si è lavorato, ritenendolo essenziale, è la formazione. Qualcuno ancora oggi afferma che la formazione, delle famiglie, dei sanitari e delle figure che si occupano di autismo, sia superflua o secondaria, non rendendosi conto che un’affermazione del genere è un’autentica castroneria che autorizza operatori ed educatori a prendere in carico i ragazzi senza essere adeguatamente formati, con danni a volte irreversibili.
A questo punto le istituzioni dovrebbero mettersi sulla lunghezza d’onda di chi da anni lavora in queste direzioni. In Basilicata ci sono associazioni di famiglie che da vivono sulla propria pelle la difficile sfida dell’autismo, soggetti che hanno carattere regionale e nazionale, che da anni lavorano duramente per mettere in atto attività di sostegno e di presa in carico delle persone autistiche con laboratori, attività di assistenza, advocacy a sostegno delle giuste politiche di inclusione, parent training a favore delle famiglie, che devono essere le prime ad essere formate per affrontare il duro compito che le aspetta, progetti mirati di inclusione sociale e lavorativa. In Basilicata c’è un pullulare di iniziative sull’autismo che cresce come una foresta e certamente fa meno rumore dell’albero che cade.
Alle istituzioni lucane si chiede da tempo una legge regionale sull’autismo, l’attivazione di équipe multidisciplinari dedicate, criteri certi per le prestazioni dei centri di riabilitazione socio-sanitaria che prendono in carico bambini e ragazzi autistici, la formazione obbligatoria per i caregiver che a vario titolo si occupano di autismo.
Tutto questo non può certamente realizzarsi con iniziative mediatiche che, pur avendo un riscontro momentaneo, non hanno e non possono avere i presupposti di competenza, esperienza e valutazione sul campo che hanno invece le associazioni che da decenni si occupano di disabilità e di autismo.