Dati Istat allarmanti sulla violenza. Serve una rivoluzione culturale. Ripartire dalla scuola
Un appuntamento annuale ancora con pensieri, opere e molte omissioni. Da un anno all’altro nulla è cambiato. L’organizzazione mondiale della sanità rivela che nel mondo il 35 per cento delle donne ha subito violenza. I dati Istat mostrano una forte crescita del numero di telefonate al 1522 nel primo periodo di lockdown in Italia, numerose le donne che alla fine non denunciano. Questo è probabilmente legato al fatto che il 93,4% dei casi di violenza, sempre secondo i dati Istat, avviene fra le mura domestiche. Negli ultimi dieci anni i femminicidi hanno costituito un terzo degli omicidi, raggiungendo il 57.1% nel pieno lockdown di marzo 2020 tanto da rafforzare l’interrogativo: servono ancora e panchine rosse, le scarpe rosse e qualsiasi altro vessillo che inneggi al rosso sangue della gracilità migliore del nostro essere, appunto la donna. In questo annuale appuntamento c’è il solito dolore, la rabbia, lo sgomento, e quel sentimento prima di impotenza e poi di giustizia, che hanno spinto il mondo civile a unirsi per proteggere le donne dalla furia omicida di chi le strappava alla vita.
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Sono passati 21 anni dalla prima giornata celebrativa, e anche se sono aumentati i cordoni di sicurezza, dal punto di vista legale e assistenziale attorno alle donne, non possiamo certo affermare che il fenomeno si sia ridimensionato. Ogni giorno in qualche parte del mondo troppe donne muoiono per volontà di chi dovrebbe amarle.
Sarebbe intelligente, quanto bello, forse anche emozionante e appassionante se qualcuno, finalmente, si ponesse la domanda senza pregiudizi di sorta: cosa fare, allora? Meglio: cos’altro fare? In primis occorrerebbe, semplicemente, fare fronte comune e muoversi tutti insieme per non far sentire sole le donne in pericolo. Perché gli aguzzini fanno leva proprio sulla solitudine delle vittime che non sanno a chi rivolgersi. Probabilmente siamo tutti d’accordo che le ragioni profonde del fenomeno della violenza di genere abbiano radici culturali. La maggior parte delle culture promuove e permette forme di aggressione sessuale, operate dagli uomini e dirette contro donne e ragazze: spesso infatti le molestie psicologiche e fisiche sono giustificate in virtù dell’appartenenza a una certa comunità culturale e alle sue tradizioni. In altre parole, la cultura crea il senso della società, ma è essa stessa una creazione sociale.
Le molestie sessuali trovano il loro contesto all’interno di tale circolarità: la cultura dello stupro ha prodotto costumi e regole sociali con atteggiamenti dominanti che giustificano e promuovono le violenze di genere. Un passo vero e concreto, presumibilmente, è la costruzione di una responsabilità collettiva basata sulla cooperazione di tutte le persone che sono consapevoli della gravità delle molestie sessuali, coinvolgendo tutti e tutte nel processo verso una cultura della parità condividendone i principi base. Un processo culturale vero che passa dai luoghi di aggregazione, fra questi anche le aziende, che oggi non rappresentano più solo “Il luogo di lavoro” ma delle incubatrici di valori che devono assumere un ruolo attivo nell’essere ambasciatrici di una cultura de rispetto delle identità di genere, del rispetto delle differenze. Senza dimenticare il luogo primario e fondamentale della vita e la crescita della persona: la scuola.
È qui che si creano i fondamentali per determinare il destino di una nuova generazione e di un mondo dove l’uomo e la donna si considerano risorse entrambi e insieme nel reciproco rispetto di sesso, capacità e intelligenza danno vita a una visione nuova e di grande progresso sociale. Bella la frase di Giovanni paolo II: la violenza non risolve mai i conflitti, e nemmeno diminuisce le loro drammatiche conseguenze”. Partiamo da qui; per eliminare i conflitti servono meno contrapposizioni, meno uno contro l’altro, meno prevaricazioni, più ascolto, più condivisioni di cose essenziali, capire e capirsi. La sconfitta della violenza sulle donne probabilmente si può raggiungere con una giusta comprensione tra i due sessi che restano valore aggiunto in un mondo dove per vivere bene si ha bisogno solo di semplice serenità. Per realizzare tutto questo si può stare seduto su una panchina o indossare scarpe di qualsiasi colore.