Storie di vita e segreti di un passato per curare il presente
Eugenio Santelli nella postfazione dice: “quando si valuta un volume proposto da un Autore che non si conosce personalmente, si ha sempre il timore di trovarsi di fronte un qualcosa di indefinito”. Vero. Ma quando il lettore è un lucano, come l’autrice, allora diventa tutto facile: prima si intuisce, poi si capisce e poi ci si convince di aver viaggiato negli stessi racconti, nei luoghi e tra persone vissute nello stesso mondo rimasto come una scheggia nel nostro animo nel nostro cuore. Entri nel vissuto dell’autore già dalla prima pagine. Parliamo di belle pagine, emozionanti, scritte in maniera semplice dalla lucana Patrizia Bianco nel suo impegno letterario “Radici Lucane” – Santelli Editore. La lettura è un semplice camminare, a piè pari, verso un passato utile per capire il presente. Il bisogno di comprendere le origini è il primo passo per accettare la propria condizione e distogliere l’attenzione anche dalle sofferenze di un presente alcune volte oscuro. Il senso di impotenza che Teodora prova di fronte alla grave malattia della madre la porta a viaggiare a Matera, per incontrare un anziano zio e disvelare una realtà umana” in cui arcaici valori della civiltà contadina si ripetono nell’arco delle generazioni sfumando i chiaro-scuri della sofferenza e del riscatto, dell’amore e del rimorso, del sacrificio e della fierezza.
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Un libro che racconta della Lucania che è stata, in gran parte è ancora, anche se con venature diverse e meno rigide. Un libro che riesce a coinvolgere il lettore in ogni sua pagina, in ogni suo racconto, ben diciassette, legandolo a un qualcosa che può succedere all’improvviso. Il coinvolgimento, è massimo nel susseguirsi delle vicende che appaiono tutte note allo stesso. Il capitolo, “il passato non è remoto” è il punto di attracco dell’intera vicenda; belle quelle parole sulla strada del ritorno: “il violento fascio di luce puntato sul passato ancora mi abbaglia con la mente ripercorro i passi incerti con cui ho esplorato luoghi impregnati di vita e di segreti”.
Ripercorrere il passato oltre che salutare e anche curativo veramente? “Tutti conosciamo momenti di crisi – sottolinea la potentina Patrizia Bianco, raggiunta telefonicamente dalla nostra redazione- cui siamo alla ricerca di risorse per reagire. Così ho scoperto dentro di me, adagiate l’una sull’altra, storie ascoltate in famiglia, schegge intrise di coraggio, di sofferenza a volte di rabbia. Quelle storie mi hanno curata”.
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Lo scrittore lucano Giuseppe Lupo dice nella prefazione: “c’è addirittura l’assenza di movimento degli individui che li sottrae all’urto del divenire”. È proprio cosi?. O da Carlo Levi ad oggi sono stati fatti passi in avanti?
“L’intreccio narrativo capta l’attenzione del lettore sulla vitalità dei personaggi e lascia sullo sfondo l’immobilità – precisa Patrizia Bianco -dell’ambiente rupestre selvaggio e inospitale che ha fatto conoscere Carlo Levi nel mondo. Eppure nella narrazione non c’è traccia dell’assiomatico rapporto fra l’ineluttabilità del destino degli uomini e quello della loro terra. Lottare non è una scelta è un imperativo, l’unico antidoto contro le avversità. Scardinare l’ordine sociale, gli equilibri familiari, la quotidianità è la via obbligata per seguire, nel bene e nel male, le aspirazioni di ciascuno, la sola via possibile per l’affermazione della propria identità”. I libri sono ponti ostinati: uniscono, rafforzano legami, generano speranze che qualcosa possa cambiare. Questo libro ha questo positivo virus.