Il 12 febbraio 1992 avvenne il tragico evento di Faiano-Pontecagnano in Campania
Il prossimo 12 febbraio 2021 a Faiano di Pontecagnano si terranno in forma ristretta le celebrazioni per onorare il 29esimo anniversario dell’eccidio nel quale persero la vita due giovani eroi dell’Arma dei Carabinieri: Fortunato Arena e Claudio Pezzuto. La sera del 12 febbraio del 1992 Fortunato Arena e Claudio Pezzato, finito i loro controlli a Pontecagnano, in provincia di Salerno, stanno rientrando in caserma. Quando passano per Piazza Garibaldi, c’è qualcosa che attira la loro attenzione.
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Sono le otto di sera, tra i negozi che chiudono e la gente che rientra a casa notano una grande jeep bianca, un Nissan Patrol targato Firenze. A bordo due persone, forse tre. I carabinieri si fermano, Pezzuto scende e chiede i documenti al conducente. È titubante, estrae la patente controvoglia. Il carabiniere torna alla Fiat Uno e chiama via radio la stazione per controllare i dati. Dall’altra parte della ricetrasmittente, alla centrale operativa di Battipaglia, seguiranno la tragedia in diretta. Perché dalla jeep scendono in due e aprono il fuoco contro Pezzuto. Viene ferito al braccio, prova a far scudo verso i passanti prima di essere ferito a morte. Poi i killer si rivolgono verso Arena, una prima sventagliata di mitra, il carabiniere risponde al fuoco provando a mettersi in salvo sotto il porticato di un negozio.
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Tutto raccontato nel libro “Quell’ultimo sguardo. Claudio Pezzuto un eroe Moderno” del giornalista lucano Mario Lamboglia dove vengono raccontati quei tragici istanti, soprattutto un amore vero, quello di Claudio Pezzuto e della moglie Tania Pisani, vivo fatto di attimi sognanti di un solo sangue che scorre nelle vene, un solo cielo sopra lo stesso mare, un solo bacio su due bocche innamorate. Sono 124 pagine intense e piene di emozione dove tante volte l’inchiostro depositato sul bianco delle pagine si affievolisce e si sbianca a contatto con il dolore di quei momenti raccontati con le lacrime che fanno da padrone sulla persona. Dicevano gli antichi che non c’è nulla di peggio di un popolo che dimentica. Possiamo dire di più: abbiamo bisogno di sentire il profumo del ricordo per dare il giusto valore al presente e al futuro. Un ricordo continuo, vivo che deve essere seme nuovo da cui far nascere uomini migliori e perbene. Ecco cosa serve raccontare e ricordare.