Un museo dedicato in particolare alla colonia latina di Venusia, fondata nel 291 avanti Cristo
A Trent’anni dalla sua nascita, riapre, al pubblico, il museo archeologico nazionale di Venosa, con un rinnovato allestimento delle sale espositive. Un museo ospitato nel palazzo del 1470 Pirro del Balzo Orsini, intitolato al grande archeologo romano Mario Torelli venuto a mancare circa otto mesi fa. A lungo docente di Archeologia e Storia dell’arte greca e romana all’Università di Perugia è riuscito a trasformare l’archeologia fin dagli anni sessanta del 900 e fino ai giorni della sua morte. “Un museo, questo di Venosa, che nasce – ha sottolineato Massimo Osanna direttore generale dei musei del Ministero dei Beni Culturali e delle attività culturali – proprio dall’esperienza di ricerca qui portata avanti da Torelli che insieme alla soprintendenza di allora permisero il primo allestimento nel 1991”. Un museo dedicato in particolare alla colonia latina di Venusia, fondata nel 291 avanti Cristo dove vengono illustrate le fasi più antiche della presenza dell’uomo nel territorio di Venosa, testimoniate dal frammento di femore di homo erectus (circa 300.000 anni fa), tra i più antichi rinvenuti in Europa.
Monete, elementi di decorazione architettonica, ceramiche permettono di definire e seguire la storia politica e culturale della città romana sino alle fasi più tarde. Presente la raccolta di cippi iscritti in lingua osca, che, nella vicina Bantia (Banzi), durante il I secolo a.C. componevano un templum augurale: spazio aperto, consacrato, dove si traevano gli auspici attraverso il volo degli uccelli. Epigrafi e arcosolii figurati testimoniano lo stanziamento di un’importante comunità ebraica che, tra IV e IX secolo d.C., seppellisce i propri defunti all’interno di catacombe contigue a quelle cristiane. Un museo con un nuovo tipo di narrazione aperto a tutti con un linguaggio semplice fruibili da tutti. “Un bel esempio- ha precisato Lucia Borgonzoni, Sottosegretario di Stato per la cultura, presente alla riapertura – di come dovrebbe essere i musei che raccontano una parte di storia che diventa più difficile da approcciare soprattutto per i bambini”.