“Ci sono italiani e immigrati, raccontare quel mondo, con la massima onestà possibile”
La sceneggiatura è di un lucano, natio di Lagonegro. Si chiama Giuseppe Brigante, diplomato in sceneggiatura al Centro Sperimentale di Cinematografia con una tesi sul cinema di Pablo Larrain. In tasca anche una laurea Magistrale in discipline dello spettacolo presso la Sapienza di Roma. Il curriculum pieno di riconoscimenti che partono dal 2016 quando ha vinto la settima edizione del Premio Mattador con la sceneggiatura de “Il Piano del Coyote” scritta con L. Arseni (Presidente Giuria: Ivan Cotroneo).Insieme con il regista Bielorusso Hleb Papou, naturalizzato italiano dal 2003, hanno realizzato una produzione cinematografica di attualità, grande motivazione e riflessione. Si parla spesso di accoglienza, migranti italiani di seconda generazione, spesso non si capisce a pieno cosa significa vivere certe dinamiche dal di dentro. Un film che vuole restituire un punto di vista: un celerino di colore costretto a sgomberare i propri familiari da una casa occupata in cui lui stesso è cresciuto. Il “legionario”, questo il titolo del film realizzato con il sostegno della Lazio Cinema International, la collaborazione di Rai Cinema, con un cast artistico di giovani di sicura valenza artistica, un cast tecnico e di produzione importante. Con il legionario si vuole raccontare l’Italia multiculturale di oggi e la generazione dei nuovi italiani, figli di immigrati ma nati e cresciuti in questo paese. Un film diverso dal solito, con una tematica importante: raccontare l’Italia multiculturale di oggi e la generazione dei nuovi italiani, figli di immigrati ma nati e cresciuti in questo Paese. Un’Italia ricca di contraddizioni, dove sono nati più̀ di 800 mila figli di immigrati che rappresentano un nuovo capitolo di questo Paese.
Cosa ti ha motivato a scrivere questa sceneggiatura?
“Il film nasce da un’immagine, da una suggestione – sottolinea subito Giuseppe Brigante, raggiunto dalla nostra redazione – che lo stesso regista ha messo sul tavolo fin delle prime riunioni di scrittura. Siamo partiti dall’idea di raccontare la storia di un poliziotto italiano di origine africana. Ci siamo interrogati a lungo su chi fosse veramente il nostro protagonista e quale storia potesse portare sul grande schermo. Non è solo una storia di integrazione, ma è una storia universale, il racconto di un personaggio con due famiglie, una d’origine e una di approdo. l’Italia multiculturale è stata più che altro una premessa alla nostra indagine sulla realtà che ci ha portato per lunghi mesi a frequentare celerini e occupanti, Ama entrambe, ma la vita lo mette nella condizione di dover scegliere”.
Una sceneggiatura racconta anche qualcos’altro: la storia infinita dell’emergenza abitativa. sembra due realtà diverse. Cosa li lega tra di loro?
“Nelle occupazioni c’è un’umanità variegata – precisa Giuseppe Brigante – ci sono storie e percorsi diversi, ci sono italiani e immigrati. Volevamo raccontare quel mondo, così come quello del Reparto Mobile, con la massima onesta possibile, senza giudicare. Abbiamo conosciuto a fondo le esperienze delle occupazioni romane ed è stato straordinario scoprire che con gli agenti del reparto mobile, gli occupanti condividono un rispetto quasi totale per le regole. La vita in un palazzo occupato ha delle regole rigide, senza le quali sarebbe impossibile convivere”.
Il fenomeno dello scontro di culture, aspetto non di secondo piano. Un film alla fine può far riflettere e cambiare il modo di pensare? Questo film è solo un contributo in tal senso?.
“È impossibile dividere il mondo in buoni e cattivi – conclude Giuseppe Brigante -e provare a dare una soluzione all’emergenza abitativa, non spetta a noi farlo. Vogliamo offrire un punto di vista inedito su una problematica che sembra sempre di più senza possibilità di sintesi. Nel racconto non si consuma mai uno scontro di culture vero e proprio, semmai si mette in scena una complessità, si invita ad abbandonare l’idea che ogni confronto debba essere polarizzato”. Un film per capire e riflettere senza alcuna pregiudiziale di sorta.