La presidenza della Società Italiana di Psichiatria è un traguardo che mi onora
La psichiatra Lucana, natia di Bernalda in provincia di Matera, Liliana Dell’Osso è stata eletta presidente della Società italiana di psichiatria, una delle più antiche e prestigiose società scientifiche italiane. L’elezione avvenuta nel 45 esimo congresso nazionale tenutosi a Genova con oltre 1500 psichiatri. Dal 2001 è professoressa ordinaria di Psichiatria e direttore dell’Unità operativa di Psichiatria dell’Azienda ospedaliero universitaria pisana e della Scuola di specializzazione in Psichiatria. Dal 2015 al 2018 è stata vicepresidente della Società̀ italiana di psichiatria. Dal 2018 al 2021 è stata presidente del Collegio nazionale dei professori ordinari di psichiatria e dal 2007 è responsabile scientifico del Campus Angelini. Dal 2010 coordina un gruppo internazionale di ricerca, Spectrum Project, per lo studio delle manifestazioni subcliniche e atipiche dei disturbi mentali (dell’umore, d’ansia, dello spettro autistico, catatonico e Ptsd). La incontriamo telefonicamente dopo l’inaugurazione delle Giornate Pisane di Psichiatria e Psicofarmacologia Clinica, svoltesi dal 19 al 20 ottobre scorso.
Professoressa Dell’Osso prima donna a ricoprire questa carica nell’associazione che ha 150 anni di storia. Quali sono state le prime sensazioni provate. In particolare si aspettava questa prestigiosa nomina?
“La presidenza della Società Italiana di Psichiatria è un traguardo che mi onora, ma la falsa modestia non mi si addice: penso anche di averla meritata, come frutto della passione dedicata alla psichiatria per tutta la mia vita, e dei risultati ottenuti. Aver raggiunto questo obiettivo come donna mi ha permesso di infrangere un’ulteriore barriera, che spero lanci un segnale alle nuove generazioni. Non è stato facile, ma non ho mai avuto paura di combattere né quello di mostrarmi in disaccordo o di imbarcarmi in ricerche in controtendenza. Ed è questo il messaggio che vorrei passare alle giovani donne che aspirano a intraprendere una carriera da scienziate: alla base del successo vi sono senza dubbio passione e impegno, ma da soli non bastano. È necessario credere in sé stessi, e sulla base di questa fiducia avere il coraggio di affermare le proprie idee, con costanza e anche assertività: nessuno vi darà ascolto, se siete le prime a mettervi in dubbio”.
Non posso non ricordarle le sue origini lucane, originaria di Bernalda, tra i “Lucani Insigni 2020”, l’unica psichiatra presente nella banca dati online con profili di cento esperte nelle aree scientifiche, secondo il progetto “100 donne contro gli stereotipi, aree scientifiche”. Un altro riconoscimento di rilievo. Ma quanto ha influito nella sua carriera essere lucana e cosa ha messo in tutto questo di lucano per arrivare a questo riconoscimento:
“Come si può facilmente comprendere leggendo i miei saggi, mi sento molto legata alla cultura classica, e in questo senza dubbio le mie origini hanno avuto un peso. La mia terra, la Magna Grecia, è stata culla di quella civiltà greco-romana in cui ancora oggi rintracciamo le basi del pensiero occidentale. É dalla filosofia, così come concepita dal pensiero greco, che la scienza è nata, nelle sue varie declinazioni fino anche alla moderna psichiatria. La parola stessa ha origini greche, così come gran parte del lessico scientifico. Questa eredità mi rende orgogliosa, ma la percepisco anche come una responsabilità: quella di esserne degna, di contribuire a diffondere i fondamenti di questo sapere”.
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Nel merito, professoressa Dell’Osso, come si è evoluta la psichiatria negli ultimidecenni. Il Covid ha sicuramente accelerato depressione, disturbi d’ansia, disturbi di personalità, e in alcuni casi anche i disturbi alimentari. Una società che corre velocemente, senza sapere dove va e cosa realmente vuole, può trovare nella psichiatria un mezzo valido affinché l’essere, nella sua essenza, ritrovi i valori essenziali di una corretta convivenza?
“Certamente il benessere psichico è fondamentale per riuscire a esprimere a pieno le proprie potenzialità e costruire le relazioni con gli altri, a livello microscopico degli individui, così come macroscopico della società. È di cruciale importanza, per la collettività, rafforzare le strategie di informazione e prevenzione circa i disturbi mentali, specialmente in questo momento di grande incertezza sociale che compromette gravemente il benessere dei più fragili”.
Sappiamo benissimo che la ricerca in Italia è sospesa come dire in un limbo di incertezza, in più con poco coinvolgimento delle donne. Molte nostre risorse trovano la loro patria all’estero. Perché succede tutto questo e quale una delle possibili soluzioni per evitare questo spopolamento di risorse?
“Trovo che questo problema faccia parte di uno più ampio, che riguarda l’intero approccio all’istruzione e al sapere, sempre più orientato alla produttività e non alla formazione degli individui, che invece dovrebbe costituire un valore in se stessa. In un sistema simile, il pensiero critico e la creatività vengono scoraggiati, e la ricerca stessa, per sopravvivere, si sta piegando ad altre logiche. Inutile dire che sarebbe fondamentale che lo Stato tornasse a considerare la formazione e la ricerca come polmone irrinunciabile per lo sviluppo della comunità, dedicandogli gli investimenti di cui necessita, e restituendo allo studio importanza e dignità. In attesa di questo, ciò che possiamo fare è evitare di assumere un atteggiamento disfattista, che a volte vedo nei miei colleghi, continuando invece a motivare gli studenti e i giovani collaboratori, senza stancarsi di coinvolgerli e incoraggiare il loro entusiasmo, e supportandoli nel raggiungere i loro obiettivi nonostante le difficoltà”.