Domenica 19 febbraio ad Alessandria del Carretto, il più alto comune del Parco Nazionale del Pollino, si svolgerà il Carnevale, una festa antica che riunisce la comunità del paese e numerosi visitatori attorno alla tradizione delle maschere dei Połëcënellë”. L’evento è uno dei più antichi di tutto il Sud Italia e mette in scena un vero e proprio spettacolo teatrale greco in un clima di festa, in attesa dell’arrivo della Primavera, dove ad occupare la scena non sono i soliti carri allegorici e le sfilate di gruppi mascherati classici, ma alcune maschere tradizionali che si muovono in una miscellanea di riti che oscillano tra il sacro e il profano. La manifestazione è infatti caratterizzata da maschere magiche, dalla storia controversa, che richiamano nel borgo l’attenzione di studiosi, fotografi e semplici curiosi. I Polëcënëllë bielle si riuniscono in una casa, dove avviene la vestizione collettiva. La maschera dei belli era legata a determinate famiglie di Alessandria che tramandavano l’arte del vestirsi e del ballo di padre in figlio. La loro arte era riconosciuta dalla comunità e motivo di orgoglio e distinzione. Vestiti di bianco e adornati da colorati scialli, fazzoletti di seta antica e coccarde, i Biellë indossano un copricapo davvero singolare fatto di piume, fiori, nastri colorati, perle e uno specchio al centro (lo specchio si riteneva tradizionalmente dotato di proprietà magiche ed era mezzo per accedere al regno dell’inversione ed è anche strumento magico di protezione, infatti cattura le immagini per poi magicamente liberarle), il volto è coperto da una maschera lignea costruita dalla maestranza artigianale e hanno un campanaccio legato dietro la schiena il cui suono indica il loro arrivo e che viene silenziato durante il ballo. In mano portano lo ‘scriazzë‘, un bastone di legno intarsiato con due pon pon di lana all’estremità, l’unico mezzo attraverso il quale interagiscono col pubblico toccando la testa dei passanti oppure sfiorando il seno di qualche spettatrice. Dalla casa escono in gruppo per andare a prendere ‘a zita, la sposa, che ha il volto scoperto ed è vestita con un abito colorato da cerimonia, lungo fino all’altezza delle caviglie, che lasciano intravedere calze bianche ricamate e scarpe basse, adatte alla danza nella piazza di Alessandria, il cui manto è fatto di pietre lastricate. Al vestito la sposa sovrappone un grembiule ricamato e un bolerino che a volte è della stessa stoffa dell’abito. Con i suonatori al seguito, la coppia balla con passi di tarantella lenta e posata rappresentando l’eleganza, la bellezza, l’apollineo, l’impulso e la rinascita. Il corteo dei Polëcenellë Brutte era in passato accompagnato dalle zampogne a chiave, il loro ballo era disordinato, stereotipava movimenti grotteschi e rappresenta la disorganizzazione e il frastuono. La messa in scena dei Belli e Brutti è una lotta rituale, tra la povertà e la ricchezza, tra l’inverno e la primavera, tra il buio e la luce, tra l’ordine e il disordine, tra la morte e la rinascita, tra selvaggio e civilizzato, tra natura e cultura. Indossano vestiti logori, maschere improvvisate sul viso, lanciano cenere ai piedi di chi incontrano correndo o ballando in maniera confusionaria. Il loro caotico ballo entra nella scena non appena la stessa viene lasciata dai Biellë, infatti le due figure non entrano in contatto. Un’altra maschera è rappresentata dall’Ursë un uomo robusto camuffato da animale con caratteristiche ed elementi che ne esasperano le fattezze brutali. L’Ursë ha il volto scurito dalla fuliggine, enormi corna in testa, il corpo ricoperto di pelli e grossi campanacci alla cintura. Esso viene trascinato incatenato per le vie del paese, in alcuni momenti tenta di liberarsi e per questo viene percosso cadendo a terra con le tipiche movenze di un grosso animale ferito, come nel difficile tentativo di contenere la forza oscura della natura, un’entità mostruosa che va domata. Infine le Coremmë, incarnazione della Quaresima, è la figura che indica la fine del periodo carnevalesco, rappresentata da una donna anziana che indossa l’abito nero del lutto, zoppa, con il viso sporco di fuliggine, che ha in mano un fuso, con il quale colpisce i presenti, e un paio di forbici in tasca per tagliare la lana. Calata la sera i Biellë si tolgono la maschera e si iniziano così le serenate in ognuna delle case di chi ha prestato parti del vestito. La carovana festante viene accolta in casa con vino e cibo e ci si intrattiene in un danzante convivio. L’accoglienza è uno dei punti forti di Alessandria del Carretto, crocevia di più regioni e relative culture; contaminazione che appare chiara negli usi, nei costumi, nei modi e nel calore di chi qui vive. Qui tante altre foto di alcuni anni fa di questo particolarissimo evento che consigliamo almeno una volta di viverlo a pieno per godere della sua storia e della sua magia.
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