Tempo fa è ritornato alla mia mente, proprio come la canzone “Mi ritorni in mente”, brano musicale scritto e composto da Lucio Battisti e Mogol, la sedia o come è chiamata nel nostro dialetto, a “segge” (a Muro Lucano) oppure a “segg” (a Francavilla in Sinni si dice sègge singolare femminile). Utensile che nella nostra terra di Basilicata ha svolto e continua a farlo compiti anche di emergenza. Nelle case dei nostri contadini, nelle aree interne del nostro territorio troneggiava sulla parete in bella vista. Nel tempo passato come qualcuno del posto la definiva, veniva acquistata con sacrifici alcune volte stornando somme che si sarebbero potute impiegare per altri bisogni. Comprata ad una fiera importante, splendeva nel buio della stanza, dal momento che i legni con la quale era stata costruita erano tinteggiati a lucido; la paglia per coprire la seduta non era di quella nostrana, utilizzata dai nostri impagliatori, ma mostrava i segni di una estrema cura, sia nella sua posa in opera che nella ricerca dei colori. Appesa su una parete in attesa di uso per le circostanze del caso, a segge a lungo andare si impregnava di fumo che era solito avvolgere le case dei lavoratori rurali. Veniva utilizzata solo in casi eccezionali, quando il medico andava a casa a visitare qualche paziente, e solo in questa circostanza si utilizzava anche l’asciugamano di lino e la saponetta profumata per far lavare le mani al dottore. La visita della levatrice, del prete o di qualche notabile del paese era accolta con l’utilizzo della sedia. Alcuni nonni, del tempo andato, raccontavano addirittura che quando una persona si sentiva male fuori di una casa, era ricondotta con la sedia al proprio domicilio. Addirittura con l’avvento delle prime auto si iniziò con queste, nei rioni con strade larghe, a portare a casa persone dimesse dall’ospedale o non in grado di camminare. Se le strade erano strette o con qualche ostacolo era sempre la sedia, portata da due robusti portatori, a risolvere il problema. Con l’avvento di un tempo a noi più vivo e diretto a “segge” nei nostri piccoli borghi svolgeva anche un ruolo di grande socialità. Nel periodo estivo, nelle serate di grande caldo, dinanzi ad un muretto da cui sporgeva una chiesa si radunavano le donne del vicolo che tra ricami ad uncinetto, cuciture di calze, rifiniture di maglie fatte a mano, sedute su una sedia, raccontavano e rendevano conto della giornata passata; si scambiavano notizie su questa o quella famiglia attraverso dicerie, chiacchiere malevoli. Insomma la sedia era utilizzata per il gossip della maldicenza. Ma a segge nel nostro piccolo ambiente continua ad avere un valore pregnante di grade convivialità: vicino ad un bar o ad un muretto. Finita la seduta in cemento la presenza di altre persone è allungata con le sedie portate da casa. Per una manifestazione anche canora di piazza, per qualcuno la sedia di casa propria ha una comodità che non è la stessa di quelle presenti sul luogo. Nei riti religiosi nelle piccole chiese rupestri di campagna nel tempo passato molti per ascoltare le messe mattutine si avviavano portandosi la sedia di casa. Utensile importante soprattutto per i riti religiosi utilizzata ancora oggi per far riposare nelle storiche ricorrenze, i portatori delle statue nella difficile salita o scesa dalla chiesa madre. Per non parlare dei matrimoni che si facevano affittando un garage, dove gli invitati si portavano una propria sedia. A “segge” è una cosa seria che continua ad essere tale ancora oggi nella terra di Basilicata nelle belle serate per guardare le stelle ricordando il tempo della dolce vita.
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