Il territorio che circonda la diga è fragile, ma non è mai stato sottoposto a monitoraggio
Che il territorio lucano sia debole e vulnerabile dal punto di vista idrogeologico si sa da tempo, e a testimoniarlo ci sono le cronache di smottamenti, crolli e interruzioni stradali che ricorrono in ogni inverno. Maratea, che ogni anno deve sgombrare dai massi il suo splendido litorale, durante la stagione invernale sveste i panni della perla del Tirreno e veste quelli della piccola fiammiferaia lasciata al freddo e al gelo, mentre la frana di Lauria ci ha ricordato qualche mese fa che esistono strade interne che sono costantemente a rischio di invasione di detriti. Questa volta ad essere interessata da una frana è una delle strade più importanti della viabilità lucana, una delle quattro arterie che collegano i due litorali della Basilicata, la SS 653 Sinnica.
Dallo scorso 11 febbraio è chiuso al traffico un breve tratto compreso tra le due gallerie che si trovano nei pressi della diga di Monte Cotugno, il viadotto Fortunato, la cui carreggiata è invasa da uno smottamento di una grossa striscia della collina sovrastante. Poche decine di metri interessati al fenomeno e strada chiusa per qualche chilometro, circostanza che costringe gli automobilisti a deviare per una bretella secondaria che passa dalla parte opposta dell’invaso con relativo allungamento del percorso di una quindicina di chilometri.
Un disagio non drammatico, si potrebbe obiettare. Sulle strade italiane si vede di peggio! Il problema, però, è che il percorso alternativo è insicuro e non adatto a sopportare la mole e la qualità del traffico che lo percorre. Niente di nuovo anche qui, si direbbe. Se è alternativo lo è in tutti i sensi! Ma in un territorio in cui si vive di alternative, cioè di provvisorietà perenne, quelle poche infrastrutture che possono alleviare i disagi del vivere in un’area interna diventano indispensabili.
Quella strada è strada costruita per portare l’intero Senisese fuori dall’isolamento e, se la logica ha un senso, una simile interruzione fa ripiombare nell’isolamento tutti i comuni dell’area.
Per questo i sindaci si sono già mossi, con quelli di Senise e della vicina Francavilla in Sinni alla testa della protesta. Questi comuni sono tra i pochi dell’area ad ospitare imprese, produttive e commerciali, che hanno bisogno di quella strada come il pane per rimanere competitivi. All’improvviso, però, questo territorio sembra tornato indietro di trent’anni.
I più grandi di noi ricordano bene i viaggi che bisognava affrontare per raggiungere il litorale jonico, per trascorrere una domenica al mare o semplicemente per raggiungere le città della Puglia. Poi arrivò la diga, si prese i terreni irrigui del Pantano e in cambio ci diedero la strada. Per anni questa enorme massa d’acqua è sembrata essere il forziere della nostra gente, tanto che quando si volle alzare la posta delle richieste si sequestrò il tappo e si minacciò il mancato avvio dell’invaso.
[bt_quote style=”box” width=”0″]Ma oggi quel forziere sembra non avere più valore. La moneta di scambio si è svalutata, al punto che proprio la diga di Monte Cotugno sembra essere il grande malato.[/bt_quote]
Pur tralasciando la sua mancata valorizzazione a scopi turistici e sportivi, è lo stesso bacino a presentare problemi di natura idrogeologica. La sponda sinistra è da tempo interessata a fenomeni di interramento a causa del naturale dislivello idrico di un bacino artificiale, la vegetazione che lo ricopre è malata e in continuo degrado, mentre persino il manto bituminoso dello sbarramento sembra presentare notevoli problemi, tanto che da anni non si vede più il tutto pieno.
Questo perché il territorio che circonda il più grande invaso d’Europa in terra battuta non è monitorato da un punto di vista geologico, e fra un’EIPLI in continuo stato comatoso e un consorzio di bonifica dilaniato da commissariamenti e accorpamenti vari, nessuno vigila sullo stato di salute dei terreni.
La frana che ha causato la chiusura della SS Sinnica è a due passi a valle del muro della diga e, pur essendo stato quel terreno già interessato a fenomeni del genere, non è mai stato sottoposto a monitoraggio.
Eppure l’oro blu che è in quel forziere mantiene ancora intatto il suo valore mentre tutto il resto scivola in una svalutazione irreversibile. Solo una cosa conserva il suo valore originario: il voto dei cittadini! Ma per quello c’è un’altra moneta di scambio! Una moneta alternativa, mentre alla collettività di alternativa rimane solo una strada secondaria.
Francesco Addolorato