Il M5S paga la coerenza della sua linea, ma ora deve sciogliere due grandi nodi
Non sono bastate le contestazioni antileghiste e i gli allarmi di un improbabile pericolo fascista ad evitare la vittoria del centrodestra alle elezioni regionali di Basilicata. E nemmeno è servita l’unità del centrosinistra, più annunciata che reale, affidata a un candidato presidente, Carlo Trerotola, che di sinistra aveva veramente poco.
Il sapore dell’esperimento del centrosinistra è stato quello dell’ennesima conta interna, l’ennesima resa dei conti che ha avuto come misura il presidente uscente, Marcello Pittella, impigliato in vicende giudiziarie ancora tutte da chiarire ma che sono bastate a dare ai suoi perenni avversari interni l’occasione per metterlo all’angolo. Da politico di razza Pittella ha accettato la sfida e l’ha vinta.
Ha portato in consiglio regionale i suoi uomini, ha sbaragliato i suoi avversari e detrattori, che sono tutti fuori dall’assise regionale, ha trascinato il suo partito, “Avanti Basilicata”, ad essere il primo della coalizione lasciandosi dietro le “Comunità Democratiche” con il nanomarchio del PD, e ha piazzato la bellezza di 8.803 preferenze sul suo nome. Il risultato è che ora il padrone del centrosinistra di Basilicata è lui.
Hanno perso i suoi avversari interni, hanno perso i vertici del PD e ha perso l’irrequieto Lacorazza che con tutta la sua lista di 13 candidati non è riuscito a raggiungere i voti personali dell’ex governatore. Sul piano dei consensi, dunque, non c’è storia. Ma la vittoria di Pittella nel centrosinistra è ancora più bruciante se si considera l’aspetto politico.
[bt_quote style=”border-left” width=”0″]La sinistra-sinistra dei LeU/Articolo 1 MdP “è ancora nel tunnel del dopo 4 marzo che ha rappresentato la più grande sconfitta della storia repubblicana per le forze di sinistra”, per usare le parole di Roberto Speranza che però, come chi si risveglia dal coma, dice di vedere “la luce in fondo al tunnel”.[/bt_quote] Peccato però che la sinistra in Basilicata dal coma non sembra proprio risvegliarsi, mentre dalle camere del Lazzaretto progressista del 24 marzo, è già uscito Marcello Pittella che ormai intraprende la strada della capitale. Non certo come i pellegrini del medioevo, che sulle strade di Roma cercavano la salvezza, ma piuttosto come il generale che lascia le truppe sul campo di battaglia della sconfitta ma porta a casa la pelle e chiede la sua legittima postazione nel parlamento della Repubblica.
Ai grillini serve poco avere la palma di primo partito. Una palma non è uno scettro, e senza scettro non si governa. Vincitori e sconfitti al tempo stesso non si può essere, in politica non c’è il premio della critica coma a Sanremo, e il M5S lascia lo scalpo anche in Basilicata. Con onore, si intende, ma in questo caso l’onore serve solo a Di Maio per conservare la sua leadership. Mentre tra le maglie della rete di Rousseau restano intatti i nodi del dilemma grillino.
Alleanze e classe dirigente locale sono i due punti deboli del Movimento che in Basilicata ha dimezzato i voti rispetto alle europee ma ha guadagnato un consigliere e aumentato significativamente il consenso rispetto alla scorsa legislatura. Il nodo delle alleanze rimane centrale perché l’idea del partito-governo che aveva accarezzato Renzi per il PD dopo il 40% delle scorse europee non è raggiungibile per nessuno. Al tempo stesso, però, scegliere significa abbandonare la vocazione terzopolista delle origini.
Ancora più delicato è il nodo della classe dirigente locale perché il mix fra il centralismo digitale della piattaforma Rousseau e la democrazia diretta che la stessa dovrebbe garantire, mal si concilia con la creazione di una classe dirigente locale che richiederebbe inevitabilmente autonomia. Insomma la rete web che ha generato il M5S e che ne costituisce la peculiarità costitutiva è diventata la sua trappola, e ora rischia di rimanerci impigliato mentre Salvini succhia il suo sangue.
[bt_quote style=”border-left” width=”0″]Eppure queste elezioni hanno dimostrato che il potenziale giovanile è dalla parte grillina, sia per i candidati sia per la militanza che il Movimento esprime.[/bt_quote]
A proposito di Salvini e del centrodestra! Era prevedibile l’exploit della Lega che ha rappresentato il valore aggiunto di un centrodestra che alle scorse regionali non era arrivato al 20%. Ma la battaglia contro il Salvini “fascista”, condotta dalla sinistra e da gruppi di giovani opportunamente motivati, è stata inefficace, anche per via dell’infelice scelta del candidato di centrosinistra, quel Carlo Trerotola dal passato missino che è scivolato sulla storia e sul Almirante.
Insomma la virata a destra c’è stata, ed è stata forte. Ed è una sconfitta cocente per la sinistra che deve riflettere sul 4,37% portato a casa da quel Valerio Tramutoli che è stato l’unico a parlare onestamente da sinistra. Mentre ci vorrebbe la sfera magica per capire perché un Roberto Speranza ha accettato ci confluire in una coalizione guidata da un uomo per bene che andava ai comizi di Almirante. E ora è indecente il modo in cui si tenta di scaricarlo e metterlo nelle condizioni di dimettersi dal consiglio regionale.