Terapie interrotte, interventi socioeducativi e psicoeducativi che non riprenderanno
Invisibili nella Fase 1, invisibili nella Fase 2. I ragazzi autistici sono scomparsi completamente dai radar degli interventi di emergenza Covid 19 a tutti i livelli, chiusi in casa come se non esistessero o come se il loro autismo fosse entrato in quarantena, come un bar, come i trasporti pubblici o come qualunque altra attività che ha subìto restrizioni per via del virus.
Sfortunatamente non è così, l’autismo, come ogni altra sindrome, non obbedisce ai Dpcm e non prende ordini dalle autorità, e continua ad andarsene per la sua strada, soprattutto se ad interrompersi sono le terapie con cui si affronta o le strategie che a fatica si mettono in campo per contrastarne gli effetti e i comportamenti. Le persone che soffrono di questa patologia patiscono effetti molto più gravi da imposizioni come quella della quarantena, perché l’improvviso interrompersi della routine provoca in loro un terremoto esistenziale che sposta l’asse intorno al quale ruota il loro precario equilibrio con il mondo che li circonda.
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È già molto quello che fa lo scorrere del tempo senza una strutturazione precisa, con le ore che si susseguono ma che non hanno confini definiti, tali da poter essere accettati e rispettati da una mente che non ha in sé la struttura cronologicamente ordinata del tempo, e che per questo ha bisogno di segni esterni che strutturino il fluire dei tempi. Ma a tutto questo si aggiunge la profonda ansia che dà l’insicurezza del domani, il non sapere cosa accadrà a causa del virus che per gli autistici è molto di più che uno straniero giunto a scombussolare la vita di ognuno. È piuttosto una tempesta che distrugge quanto è stato finora e rende informe ciò che sarà, demolisce il passato e confonde il futuro, perché per un autistico il passato è la misura rassicurante del futuro, un paradigma su cui modellare i giorni che verranno. È difficilissimo per chi, come noi, vive accanto a loro mantenere gli indicatori di un percorso già di per sé difficile da seguire, e il pericolo di perdere le abilità fin qui conquistate è a portata di mano.
Su tutto questo pesa come un macigno la sospensione dei trattamenti psicoeducativi o degli interventi socioeducativi provocati dall’inizio della quarantena e dalle necessarie cautele di emergenza sanitaria. Un sacrificio inevitabile che abbiamo dovuto affrontare tutti ma per il quale noi normodotati abbiamo trovato azioni compensative. Le persone con autismo, invece, devono sforzarsi ogni giorno per trovare azioni che compensino il disagio delle difficoltà connesse alla propria condizione, e soprattutto per contenere i comportamenti socialmente invalidanti che questo disagio genera.
Adattarsi a una situazione del tutto nuova, e soprattutto improvvisa, è uno sforzo che per loro va ad aggiungersi a quello che quotidianamente già fanno e che il più delle volte causa conseguenze rovinose. Forse per questo molti di noi genitori vedono i figli autistici piangere all’improvviso, apparentemente senza motivo, oppure aumentare la loro oppositività fino a diventare insofferenti a qualunque cosa. E questo per una famiglia costretta a vivere chiusa in casa è assolutamente destabilizzante la vita in periodo di Covid19.
Questa situazione noi famiglie autistiche la abbiamo vissuto per tutto il periodo della quarantena e, ora che l’Italia comincia a riaprire le porte, vorremmo sentirci più liberi. Ma per noi, purtroppo, non cambia molto. I centri diurni sono chiusi, le attività di assistenza all’inclusione o psicoeducativa non ripartono, perché sarebbe rischioso, e le cooperative che gestiscono i servizi non hanno indicazioni chiare, né intendono assumersi responsabilità di attivarli, perché vale anche per loro la norma del decreto Cura Italia che attribuisce agli imprenditori la responsabilità di eventuali contagi da Covid19 dei loro dipendenti, anche se ciò, si chiarisce, è valido solo se si accertano le violazioni dei protocolli di sicurezza.
Tutto è fermo e tutto rimarrà fermo fino a data da destinarsi perché nulla è chiaro. Non può ripartire neanche l’assistenza domiciliare, per la quale è una presa per i fondelli l’intervento dell’operatrice in video via internet.
Insomma, riparte l’Italia, ma non quella che è alle prese con l’autismo, per noi il mondo rimane ancora chiuso. Come prima.