La battaglia della giovane ragazza down contro la strage di disabili è anche la nostra battaglia
Sono certo che se Heidi Crowter fosse stata un’attivista per l’ambiente o per l’immigrazione o per altre forme di discriminazione sarebbe diventata una paladina famosa, sarebbe stata intervistata da mezzo mondo e sarebbe stata sicuramente ricevuta dai grandi del pianeta, insomma sarebbe diventata un simbolo mondiale, come Greta Thunberg. E magari ci avrebbero fatto anche un film, come con Greta Thunberg. E invece lei difende altro, difende la vita delle persone disabili, la sua vita e il suo diritto a vivere in quanto persona down.
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Sembra strano ma il parlamento di Londra ha imposto all’Irlanda del Nord il “Northern Ireland Executive Formation Bill”, cioè una legge che contiene, tra le altre cose, la possibilità di abortire fino al momento della nascita se il feto mostra malformazioni gravi. Tralascio il farraginoso meccanismo in virtù del quale il legittimo parlamento dell’Irlanda del Nord è stato praticamente paralizzato per oltre 2 anni e mezzo, ma non intendo tralasciare il fatto che questa legge consente di sopprimere il feto anche il giorno prima del parto se si scopre che il nascituro è portatore di disabilità, compresa la sindrome di down. Insomma un cromosoma in più darebbe ai genitori e al sistema il diritto a sopprimere il nascituro.
Il nuovo regime prevede, infatti, che l’aborto sia legale per qualsiasi ragione fino a 12 settimane di gravidanza, termine che viene esteso fino alla 24esima settimana nei casi in cui la prosecuzione della gravidanza comporti un rischio per la salute fisica o mentale della madre. Quando si tratta di rischio per la vita della gestante non c’è invece nessun limite temporale per la soppressione del bambino. Nessun limite temporale, poi, si ha anche quando dall’analisi del feto risulti un grave handicap fisico o mentale. Un cromosoma in più potrebbe quindi essere letale per un bambino perché lo farebbe finire nella lista nera dei “sacrificabili”, di quei bambini in grembo che, in ossequio alla cultura della non vita, potrebbero essere tranquillamente uccisi.
Questa decisione può stare bene a chi ritiene che la vita delle persone possa essere sottoposta a selezione, ma di certo non sta bene a chi, come Heidi Crowter, quel cromosoma in più ce l’ha e non ritiene affatto che sia una buona causa per non avere diritto a vivere. Per questo la 24enne irlandese ha preso carta e penna e ha scritto ai politici dell’Irlanda del Nord con parole semplici ma essenziali.
“Penso che la legge dovrebbe dire che le persone con sindrome di Down nell’Irlanda del Nord, o con un’altra disabilità non letale, sono preziose quanto le persone che non hanno tale disabilità. […] Come persona che ha la sindrome di Down, trovo questa proposta per l’Irlanda del Nord profondamente offensiva. Mi dice che non sono uguale alle altre persone, non degna dello stesso livello di protezione legale di qualcuno che non ha la sindrome di Down o una disabilità non letale simile.”
Sfido chiunque a guardare negli occhi Heidi e a dirle “tu non saresti dovuta nascere”, sfido chiunque a giudicare la sua vita e ad affermare che questa donna, e dico Donna non Down, sia meno felice di tutti noialtri e che con il marito, anch’egli persona down, non siano felici, non sappiano amare la vita e gli altri, o non abbiano il diritto a viverla questa vita diversamente felice. Eppure qualcuno a Westminster la pensa esattamente così.
Ma, anche se nessuna voce autorevole si è levata a denunciare questa crudele testimonianza della tanto citata “cultura dello scarto”, Heidi ha segnato un bel colpo nella sua battaglia per la vita.
Nella sua lettera ai parlamentari del suo paese aveva scritto:
[bt_quote style=”border-left” width=”0″]“ti prego di votare per creare un clima che renda più facile, non più difficile, riconoscere e vedere la bellezza che sta dietro al cromosoma in più.” [/bt_quote]
Un appello che è molto più che un semplice ricorso contro una legge ingiusta, ma che è l’invito a guardare oltre il cromosoma in eccesso, e che è stato accolto tanto che il 2 giugno, l’Assemblea dell’Irlanda del Nord, ovvero il parlamento locale, ha mandato un messaggio non indifferente a Westminster approvando una mozione che respinge in termini chiari la legalizzazione dell’aborto letteralmente imposta al paese dal governo britannico l’estate scorsa approfittando della paralisi istituzionale.
Non solo. Heidi Crowter è riuscita, dopo mesi di campagne e battaglie legali, ad ottenere che l’Alta Corte di Inghilterra e Galles si occupi della storica sfida che ha lanciato contro la strage dei disabili autorizzata dalla legge britannica attraverso l’aborto fino alla nascita.
Heidi Crowter ha già vinto.
Nella foto sulla t-shirt di Heidi si legge lo slogan della campagna Dont screen out – Non escluderci