Napoli deve attingere alle figure dei suoi grandi uomini e degli eroi quotidiani di oggi
In queste drammatiche ore in cui si dà l’addio al più grande calciatore di tutti i tempi (si perché Maradona è meglio e Pelè, e non c’è dubbio), si assiste ad un più che naturale carosello di posizioni e giudizi che, se da un lato ripropongono l’estrema polarizzazione propria dei social, dall’altro rendono giustizia alla vita di un uomo che degli eccessi ha fatto la sua cifra esistenziale.
Lungi dal voler dare un giudizio morale sulle vicende della sua contraddittoria esistenza, rifuggo con forza l’idea che Maradona sia stato, o addirittura lo sia ancora, il riscatto di Napoli. Dite di lui tutto il bene che volete ma non dite che ha riscattato Napoli, una città che è l’emblema delle contraddizioni e degli eccessi e in cui vive un popolo meraviglioso che il riscatto vero lo attende ancora!
{module bannerInArticleGoogle}
Il significato etimologico, e quindi più vero, del termine “riscattare” è trarre se stessi fuori da qualcosa, che quando si tratta di un popolo o di una città generalmente vuol dire trarre fuori dalla schiavitù o da una condizione di difficoltà e subalternità. Bene, da questo punto di vista Maradona non ha riscattato un bel niente, anzi per anni è stato l’alibi che ha coperto l’oblio dei veri problemi di Napoli.
Chi come me quegli anni li ha vissuti da giovane studente ricorda bene l’odiosa affermazione di molti, specie politici del nord, che quando si poneva il problema del lavoro e del ritardo nello sviluppo, o delle periferie malfamate e preda della camorra, rispondevano compiaciuti: “ma che volete, i napoletani hanno Maradona!” Affermazione che infamava non solo Napoli, ma tutto il sud di cui Napoli rimane sempre la capitale.
Dunque il riscatto deve ancora venire! Certo i napoletani hanno un rapporto strano con i loro capipopolo. Il simbolo per eccellenza, Masaniello, ebbe una sorte infausta per mano del suo popolo. Non tutti sanno, infatti, che Tommaso Aniello, detto appunto Masaniello, fu prima osannato poi ucciso dal suo stesso popolo che ne dileggiò il corpo mutilandolo trascinandolo per la città, staccandogli la testa e attaccandola a un palo, salvo poi a ricomporre il corpo e portarlo nella chiesa del Carmine, dove era stato ucciso, per trasformarlo in quell’icona di rivoluzione e riscatto che è diventata in seguito e che ancora oggi è.
Per carità, parliamo del ‘600 quando la chiesa dava al rogo Giordano Bruno e in tutta Europa imperversava la cacci alle streghe, ma il controverso rapporto con questo simbolo della rivoluzione partenopea rimane nella sua totalità.
Allora direi di affidare il vero riscatto di Napoli ad altre figure. Alcune, quelle più eroiche, le trovi nella quotidianità dei giorni nostri, e penso ai docenti delle scuole di Scampia, ai volontari che lavorano nelle periferie della città, ai sacerdoti come don Patriciello che ha avuto il coraggio di denunciare la terra dei fuochi, e alle mamme coraggiose che lo accompagnano. Altre sono da ricercare nella storia dei grandi uomini di Napoli. Da Vincenzo Cuoco, a Giambattista Vico e Francesco De Sanctis, allo stesso Giordano Bruno e a Benedetto Croce, solo per citarne alcuni di cultura napoletana, per tacere di musicisti, pittori e scrittori contemporanei. Quando una giovane scrittrice di matrice partenopea volle scrivere della miseria di Napoli diede alla luce “Il ventre di Napoli”.
{module bannerInArticleGoogle}
Si trattava di Matilde Serao che descrisse i luoghi più degradati della città nei giorni del colera del 1884. Un quadro drammatico di una capitale messa in ginocchio dalla malattia, in bilico fra fattucchieri, truffatori, speculatori e santi. Un brulichio di umanità che restituisce le viscere di un popolo sempre in attesa di un riscatto che sembra non arrivare mai. E a darlo non può certo essere la figura pur geniale di un Maradona. Per provarci Matilde Serao fondò, insieme al marito Edoardo Scarfoglio, il giornale destinato ad essere la voce di Napoli e del sud, “Il Mattino”, per raccontare quel ventre di Napoli sempre dimenticato e per indicare a quella gente una luce, appunto la luce del Mattino. Napoli deve trovare ancora il suo riscatto, ma deve trovarlo nel superamento della logica del capopopolo e attingere alla sua grande tradizione di cultura e di umanità. Deve riscattarsi, perché il riscatto di Napoli è il riscatto del Sud.