Eminenza reverendissima, Card. Ravasi,
la seguo su Twitter, come seguo molti altri uomini di fede, sono un cattolico di quelli che oggi si usa chiamare “praticanti”, e sono padre di un ragazzo autistico di 23 anni al quale, come tanti altri genitori, sto dedicando la vita. Premetto che non scrivo questa lettera per fare piagnistei perché di mio figlio autistico sono felicissimo, e scopro ogni giorno che è da lui che imparo il senso della vita, compreso ciò che Dio chiede a ciascun genitore che ha in “dono” un figlio come il mio.
Le confesso che il suo tweet sul cosiddetto “autismo spirituale”, che a Suo dire dilagherebbe e addirittura infetterebbe la nostra società, come una malattia contagiosa, è stato per me un pugno nello stomaco. Amo troppo la Chiesa, mia prima famiglia, per rimanere in silenzio di fronte a una così grave affermazione da parte di un così autorevole Pastore come Lei, tanto che la lettura del suo tweet mi ha lasciato la stessa triste sensazione che lascia il tradimento di un padre, lo schiaffo gratuito da una mano dalla quale ti aspetti la carezza, non certo il premio, per il fardello che, seppur con gioia, condividi con un figlio autistico.
Da anni lottiamo per scardinare i falsi miti sull’autismo, primo fra tutti quello che Lei con il suo tweet ha contribuito ad alimentare, e cioè che le persone autistiche siano inabili alla condivisione, all’apertura agli altri, non partecipi della “natura” sociale delle persone normodotate, in fondo “contro natura” quanto a socialità, affetti da una malattia che li costringe all’isolamento. Credo sia per questo che Lei definisce “autismo spirituale” l’incapacità di tanti di aprirsi agli altri, di condividere con gli altri la propria fede, al punto di parlare di questa strana “forma di autismo” dei normodotati come di una “malattia”, un virus contagioso che “dilaga e infetta molti”.
La informo che l’autismo non è una malattia, le persone autistiche hanno una mente diversa, come scrive un mio caro amico autistico, ma assolutamente aperta all’incontro, desiderosa di condividere il proprio mondo con gli altri, pronta ad aprirsi ai sentimenti e alle emozioni degli altri. È solo che questa mente diversa si trova in difficoltà a gestire i rapporti e le relazioni con gli altri. Forse per Lei, Eminenza, questo è solo un dettaglio, ma non è così per noi e per i nostri figli, perché ciò che conta è la loro volontà di comunicare con il mondo che li circonda, e su quella volontà incrollabile costruiscono la loro vita sociale e i loro sforzi di andare incontro agli altri, e su quella stessa volontà noi genitori costruiamo i nostri sforzi quotidiani di appagare questo loro umanissimo desiderio.
Ecco perché il Suo tweet è inopportuno e dannoso, perché definisce implicitamente l’autismo come chiusura ineludibile, come incapacità, come impossibilità ad aprirsi agli altri. È esattamente questo il terreno putrido in cui alligna quello stigma contro il quale lottiamo con tutte le nostre forze. Le cose stanno nella maniera esattamente opposta, perché la realtà autistica è fatta di piccoli ma autentici passi verso l’altro. In altri termini Lei ha usato un’immagine che nella realtà esprime l’opposto di ciò che intendeva esprimere. La spiritualità dell’uomo moderno è semmai autoreferenziale, chiusa, isolata, ripiegata su se stessa, ma non autistica, perché mentre nell’uomo moderno la possibilità di comunicare si accompagna alla mancanza di volontà di farlo, nelle persone con autismo succede il contrario, la volontà di comunicare si accompagna alla difficoltà a farlo. Se proprio vuol citare l’autismo, dunque, lo citi come esempio di un grande desiderio di condivisione non come isolamento.
Eminenza reverendissima, è la mente dei nostri figli ad essere autistica non il loro cuore!
Per questo le dico che “non esiste l’autismo spirituale”, perché lo spirito delle persone autistiche è fatto dello stesso desiderio di condividere e di abbracciare, dello stesso amore di donarsi e di donare che prova ciascuno di noi.
E allora Le chiedo, con spirito filiale, ritiri o corregga quel suo Tweet, non contribuisca, La prego, a diffondere dannose leggende e false verità che danneggiano i nostri figli e contribuiscono al loro isolamento da parte degli altri, alla solitudine sociale dalla quale con fatica cerchiamo di affrancarli ogni giorno.
Le posso garantire che la forza di volontà e il desiderio di amicizia e condivisione dei nostri figli autistici sono la medicina non la malattia di questa società.
Con filiale devozione,
Francesco Addolorato