Dall’università di Princeton smontano le teorie più ottimistiche. Le alte temperature e l’umidità sono poco efficaci
Tutti si chiedono se il caldo rallenterà i contagi da coronavirus. Se influenzerà sulla resistenza del virus. Da un articolo pubblicato sulla rivista Science da ricercatori dell’università di Princeton nel New Jersey (Stati Uniti), sembra smentire questa speranza e lo studio dell’Università del Maryland non confermato inoltre anche dall’OMS. “Il caldo dell’estate non fermerà il Covid-19”. I ricercatori guidati da Rachel Baker spiegano: le alte temperature e l’umidità sono poco efficaci nel contrastare il virus se la maggior parte della popolazione è ancora suscettibile al contagio, ovvero se non ha ancora sviluppato l’immunità al virus. Per arrivare alla loro conclusione, gli studiosi hanno utilizzato un modello epidemiologico costruito con dati statunitensi su altri quattro Coronavirus stagionali in circolazione. Sono state prese in considerazione diverse città a latitudine diversa e il risultato è stato che più vicino ai Tropici la trasmissione del Covid-19 rimane ugualmente molto alta, se non c’è già un’immunità di gregge.
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I risultati di questa ricerca, sono un’evidenza, che smonta tutte le teorie circolate in questi mesi sulla possibilità che i fattori climatici come l’umidità possano influire sulla trasmissione del Coronavirus, rendendo quindi i contatti sociali più sicuri. Le difficoltà di quest’estate saranno notevoli e legate a tutte le persone che nel mondo non hanno ancora contratto il virus e che restano più suscettibili ad ammalarsi. Lo studio su Science i ricercatori concludono che sarà la capacità dei vari Paesi, a tenere distanziate queste persone il vero volano della pandemia durante l’estate. Senza misure di gestione e controllo efficaci, dunque, ci si può aspettare un alto numero di nuovi contagi da Coronavirus anche nelle aree più calde e umide del pianeta.
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Silvio Brusaferro, Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità ha precisato sul tema che sicuramente “l’organismo con il caldo si difende meglio dalle infezioni delle vie aeree e stanno diminuendo i casi di influenza, che danno sintomi simili al coronavirus e confondono le diagnosi. Nessuno di questi fattori da solo può arrestare un virus nuovo, che trova il sistema immunitario sguarnito. Ma ogni aiuto, in questa fase, è ben accetto”. In Italia, in base a studi frammentari compiuti da diverse Regioni con i test sierologici (quelli che rilevano la presenza di anticorpi, dunque di una risposta dell’organismo all’infezione) appena il 5-10% degli italiani ha avuto la malattia con sintomi lievi. I ricercatori statunitensi si sono serviti di modelli epidemiologici per concludere che «anche nelle città tropicali le cui condizioni climatiche dovrebbero ostacolare la trasmissione, la crescita dell’epidemia resta significativa».