Non tutta l’illuminazione pubblica nei Comuni è a led o a ricarica solare
La bozza del piano del governo guidato da Mario Draghi per la riduzione del consumo di gas, in merito al programma per rendere il Paese gradualmente indipendente dalla fornitura dalla Russia, arriva a confrontarsi con le nuove norme che disciplineranno l’erogazione del riscaldamento il prossimo inverno: la temperatura del riscaldamento sarà ridotta di due gradi, arrivando al massimo a 18º e sarà accorciata di due ore la durata di accensione dei termosifoni. I Comuni, all’inizio procederanno in ordine sparso ad attuare eventuali iniziative autonome per il risparmio energetico, in attesa di possibili provvedimenti quadro nelle prossime settimane da parte del Consiglio dei ministri. Una delle voci di spesa sulle quali si chiede ai Municipi di intervenire è quella dell’illuminazione. In Italia si stima ci siano circa 10 milioni di punti luce attivi, rappresentano tra il 10 e il 12% dei consumi nazionali, una spesa rilevante nei bilanci dei Comuni soprattutto se si pensa che non tutti sono a led o a ricarica solare.
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Singoli interventi municipali potrebbero riguardare lo spegnimento oppure la riduzione dell’illuminazione o la resa dell’illuminazione ad energia solare di monumenti, fontane ed edifici pubblici, in linea con quanto già avviene in alcuni Paesi europei. Un decreto del presidente della Repubblica del 1993 divide l’Italia a seconda delle zone climatiche con fasce dalla A alla F in base al clima medio registrato, indipendentemente dalla latitudine. Per la collocazione di un territorio in una singola zona viene utilizzato un coefficiente di calcolo gradi-giorno che misura la differenza tra la media della temperatura tra ambienti interni ed esterni. La zona F, la più fredda, comprende le Alpi di Belluno e Trento, in cui non ci sono ad ora limitazioni per il periodo e l’orario di accensione del riscaldamento. Nella zona E invece, qualcosa cambia: i termosifoni si possono accendere dal 15 ottobre al 15 aprile, per un massimo di 14 ore al giorno. Qui ricadono province come Alessandria, Bergamo, Brescia, Bolzano, Milano, Padova, Torino, Bologna, L’Aquila, Parma, Trieste, Udine, Venezia, Verona, Arezzo, Perugia e Potenza.
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Nella Zona D la data di accensione del riscaldamento è il primo novembre e il periodo va avanti fino al 15 aprile, con un orario massimo di funzionamento che non può superare le 12 ore. Comprende, tra le altre, le province di Avellino, Caltanissetta, Firenze, Genova, Livorno, Pisa, Roma, Siena e Vibo Valentia. Nella zona C invece il riscaldamento si accende dal 15 novembre al 31 marzo, fino a 10 ore al giorno. Qui ci sono le città della fascia adriatica nord e le province di Bari, Cagliari, Cosenza, Napoli, Oristano, Salerno e Taranto. Chiudono le aree con il clima più mite. Nella zona B c’è il via libera ai termosifoni dal primo dicembre al 31 marzo, per massimo 8 ore al giorno. Qui ricadono le province di Agrigento, Catania, Palermo, Reggio Calabria, Siracusa e Trapani. Infine la zona A, dove il riscaldamento è consentito dal 1 dicembre al 15 marzo per 6 ore massimo al giorno. Si tratta però di una ridotta porzione del Paese, che comprende isole come Linosa e Lampedusa o la zona di Porto Empedocle nell’agrigentino.